Intervista a Horaz Ibrahim e Maria al-Abdeh
I: Innanzitutto, come descriverebbe il suo contributo al SabirFest?
H: È sempre bello portare dalla Siria il nostro punto di vista. Questo è il nostro messaggio: essere qui, dire ai nostri amici che non potevano, che non possono venire o che non possono viaggiare, condividere la consapevolezza che in Siria ci sono persone che lottano, e non solamente in guerra ma tutti i giorni.
M: Abbiamo incontrato altri attivisti dal Mediterraneo con i quali condividiamo molti valori; penso che sia qualcosa di veramente importante in termini di solidarietà, perché non ci limitiamo al livello siriano.
I: Vi definireste attivisti, e se sì, cosa rappresenta per voi la parola attivista?
H: Sì, ci definiamo come attivisti… Io suppongo di essere un attivista! E la parola attivista significa “colui che fa qualcosa per il bene delle persone”, inerente alle sue idee ovviamente. Meglio se si fa in maniera volontaria, anche se i soldi servono per sopravvivere. L’attivista è una persona che non si arrende e continua a fare quello in cui crede.
M: C’è una differenza tra essere attivista in Siria o in Europa … Per me, che sono in Europa… È diverso. Io non sono un attivista. Per me gli attivisti sono quelli sul campo. Io mi limito a supportarli.
I: Quale pensi siano le difficoltà per attivista vi sentite mai “soli” a lottare per una causa?
H: Quando decidi di essere un attivista o di lottare per una causa, c’è sempre qualcuno al tuo fianco… Ti rafforzi grazie a loro… Prima delle rivoluzione eravamo soli, molto pochi… C’erano pochissime persone che partecipavano, che manifestavano e dovevano agire clandestinamente… Noi avevamo ovviamente molti ideali, ma ovviamente erano banditi, vietati. Quindi eravamo costretti a discuterne segretamente. Eravamo molto pochi, quindi il nostro l’impatto non era così forte. Nessuno si curava di noi. Avevamo scarsa influenza, stavamo in una zona “sicura”. Per quanto sicura si potesse definire. Ma adesso che siamo molti di più, che le persone qui hanno preso consapevolezza e condividono le nostre rivendicazioni, non possiamo “deluderli”. Quindi questa è la problematica di avere molte persone lavorare con te, molte persone che ti ascoltano e che credono nel cambiamento che tu desideri.