Incontro con l’equipe di progetto Mediterranea
Moderatrice: Caterina Pastura, Mesogea
Intervengono:
Francesca Piro (ITA): medico, tra i fondatori di Progetto Mediterranea; responsabile dell’ufficiostampa
e della logistica a terra e in mare, gestisce i rapporti con le istituzioni.
Simone Perotti (ITA): scrittore e marinaio, è ideatore e fondatore di Progetto Mediterranea,
responsabile culturale e supervisore delle diverse attività della spedizione e comandante
dell’imbarcazione. / Video
Durante il dialogo fra Caterina Pastura e Francesca Piro, membro dell’equipaggio di Progetto Mediterranea, vengono presentati gli obiettivi e le caratteristiche del progetto.
Sintetizziamo la presentazione del progetto attraverso il messaggio portato dal video in cui interviene il fondatore Simone Perotti, conclusa la prima tappa che dall’Italia ha portato l’imbarcazione in Grecia (sintesi):
“Progetto Mediterranea ha prima di tutto un obiettivo culturale. Viaggiare per il Mediterraneo toccando ventinove Paesi in cinque anni in barca a vela non è semplice, ma è molto affascinante, perché in ognuno di questi luoghi cerchiamo di costruire, con l’aiuto di tutti, le condizioni per incontrare teste e pensieri. Solo il Mediterraneo ci pare infatti possa contribuire con nuove idee a superare quest’epoca di decadenza.
Molta della gente del Mediterraneo che incontriamo ha ancora lo sguardo ed il cuore rivolto a Nord e a Ovest. In Grecia, ad esempio, hanno messo in campo uno sforzo straordinario per entrare in Europa, poi per adeguarsi agli standard normativi europei, e adesso hanno terrore di dover uscire dall’Euro, e quindi sono tutti presi da questo orientamento a Nord-Ovest. Questo ha tolto energia, ha tolto sguardo verso il Sud e l’Est del Mediterraneo. La gente non sa che cosa avviene in Italia, in Spagna, in Turchia. Non sa perché i media ogni volta parlano con il filtro dell’Europa e non con quello del Mediterraneo. Una delle cose per esempio che noi non sapevamo è che la Grecia è attraversata dal tema del “doppio”. Questo ce l’ha detto Maurizio De Rosa, traduttore, esperto di letteratura che vive in Grecia, fine interprete della realtà culturale e sociale. Quello che un tempo era il grande mondo di lingua greca (da Costantinopoli alla Sicilia), si è ritrovato chiuso nei confini di un piccolo Paese e vive questo spaesamento di essere nato altrove, cresciuto anche culturalmente in Paesi europei, come Petros Markaris, che ha studiato in Germania, o Denys Zacharopoulos, grande esperto di arte, che è stato a lungo negli Stati Uniti e in Francia, che però hanno scelto di vivere nel proprio Paese di origine al termine di un lungo percorso. Questa molteplicità è uno degli elementi del Mediterraneo. L’identità del Mediterraneo, e lo impariamo miglio per miglio, non esiste se non in una chiave molteplice, ma in cui la molteplicità è ben diversa dalle “contaminazioni” che temiamo noi in Italia.
Abbiamo incontrato personaggi come Mario Strofalis, un rivoluzionario civile e sociale, un musicista che dirigeva un istituto di cultura, creava colonne sonore e musiche per pubblicità. Era uno che la crisi non la pativa. A un certo punto ha lasciato tutto per dare l’opportunità ai musicisti rimasti senza lavoro di continuare a suonare sul tema “della gratuità”: “Tanto non tate lavorando, almeno suoniamo!” ha detto loro, e hanno occupato parcheggi abbandonati e
iazze, ha creato un festival per farli suonare, coinvolgendo anche cineasti e performers, costruendo l’Athens Art Network. Ha creato opportunità di lavoro con l’idea di costruire una nuova economia, e non di risolvere soltanto un problema occupazionale. Sono nati quindi il baratto, la banca del tempo e un movimento ampio, con effetti collaterali interessanti: nei quartieri dove si è tenuto questo festival, le tendenze neofasciste che attraversano la Grecia sono state agevolmente allontanate, più di come non fossero riusciti a fare la polizia o il governo. Quando gli abbiamo chiesto “ma cosa pensi ci sia di valore nel Mediterraneo, in quest’epoca di crisi?” ci ha detto: “Il tesoro sono i talenti delle genti del Mediterraneo, ed è su quello che noi dobbiamo recuperare. Il vero denaro, la vera ricchezza scaturirà da un nuova socialità, da una nuova economia, nella quale i talenti delle genti del Mediterraneo verranno messi in condizione di generare valore”.
La cattiva notizia è riscontrare che non c’è una cittadinanza attiva di tipo intellettuale. Gli intellettuali dovrebbero essere gli interpreti della crisi, puntare il dito nella direzione in cui dovremmo andare, trovare le soluzioni per reagire alla crisi, ma stanno perdendo questo treno. Non stanno facendo quello che fino alla cultura militante degli anni ’70 hanno sempre fatto. Cioè fare il lavoro più difficile, trovare il nuovo orizzonte. Questa mancanza di militanza e anche di interpretazione della crisi attraversa la Grecia, l’Italia e altri Paesi. Gli intellettuali sono assenti e stanno mancando un appuntamento con la Storia che è insito nella loro stessa figura.
Maria Peteinaki, portavoce dei verdi e presente nel mondo della protesta e delle occupazioni dei teatri, ci ha detto invece una cosa che mi piace riportare e cioè che questa crisi non è solo negativa. È una crisi che consente la comunicazione orizzontale tra le persone, che avevano smesso di parlare, consente il rinascere di luoghi di aggregazione e quindi in qualche modo favorisce gli anticorpi necessari per la costruzione di un nuovo sistema sociale. Ed è questo un elemento particolarmente importante, perché nel Mediterraneo c’è sempre stato questo dialogo orizzontale, da cui ha sempre tratto gli elementi di forza per poter esprimere il proprio valore.
Petros Markaris, narratore, famoso in tutto il mondo per una serie di romanzi noir che mettono al centro la crisi, ha messo l’accento su una cosa drammatica: l’insorgenza dei nuovi fascismi. La crisi è il terreno di cultura ideale di questi nuovi fascismi, perché offre l’opportunità di poter trovare nella violenza, nella prevaricazione, nell’indicazione del migrante come la causa di tutti i problemi, nei nuovi nazionalismi, lo sfogo di una condizione di disagio. Tendenze simili dilagano anche in altri Paesi europei, soprattutto nella fascia meridionale. Denys Zacharopoulos su questo punto ha un’idea diversa. A suo parere, il vero rischio di nuovo fascismo sono i fondamentalismi: “Il fascismo classico per essere votato deve avere una faccia presentabile che lo depotenzia, mentre i nuovi fascismi, cioè l’espressione di violenza e intolleranza contro chi è diverso, sono rappresentati dal fondamentalismo, che dilaga in una buona parte del mondo islamico, e che pur costituendo una minoranza, produce effetti superiori a quelli che ci si aspetterebbe da una minoranza.”
Kostas Koutsourelis, poeta molto acuto, ci ha colpito per una cosa del tutto diversa: quando si parla di Mediterraneo, si pensa sempre a qualcosa che ha davvero tanti elementi in comune, ed è un peccato che non agisca in maniera unitaria. La stessa natura del nostro viaggio è animata da questo. Siamo convinti che in quest’area di 29 Paesi vi sia un elemento di omogeneità superiore a ciò che divide, e che questa cittadinanza del Mediterraneo possa e debba compiersi, per arrivare un giorno agli Stati Uniti del Mediterraneo, che dialogano con l’Europa, e l’Italia può essere parte di entrambe, con un ruolo guida. Koutsourelis aggiunge: “Certo ci sono degli elementi di unione nel Mediterraneo, siamo più fratelli tra noi che con i danesi, certo abbiamo la possibilità di costruire una società non fondata sull’economia come è stato per l’Europa e quindi fasulla, di plastica. Ma, attenzione, ci sono anche moltissime cose che ci dividono.” Il metodo per individuarle sarebbe costruire un catalogo delle differenze, disinnescare ciò che ci divide e andare alla ricerca di un’identità del Mediterraneo.
Identità che va costruita. Va costruito un nuovo modello del Mediterraneo. “Senza questo nuovo modello, dice Koutsourelis, non può esistere una cittadinanza del Mediterraneo e quindi non può esistere un percorso di unione tra popoli che oggi sono divisi”. Gianluca Solera, che è lì con voi, ci ha regalato una bellissima definizione: Progetto Mediterranea tende ad unire con un filo rosso, con una scia, quello che i poteri forti dell’economia, della politica e della finanza vorrebbero mantenere diviso, cioè i popoli e le regioni del Mediterraneo. Da questo punto di vista, chi fa questo lavoro di unire e di fare cittadinanza è tecnicamente un soggetto che fa un’azione illegale. Si riferiva Gianluca ad uno dei temi che gli è più caro: legalità e giustizia non sempre vanno mano nella mano in questa epoca. Ciò che è illegale è sovente anche ciò che è giusto.
Non so se siamo illegali. Certamente questo viaggio prosegue, perché noi stiamo cercando le idee, stiamo cercando i pensieri, che forse domani renderanno quest’identità del Mediterraneo più tangibile, e quindi un’unione dei Paesi che ne fanno parte più possibile”.