Cittadinanza mediterranea: è possibile costruire un movimento dal basso per un mediterraneo spazio comune?

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“CITTADINANZA MEDITERRANEA: È POSSIBILE COSTRUIRE UN MOVIMENTO DAL BASSO PER UN MEDITERRANEO SPAZIO COMUNE?”

Moderatore: Gianluca Solera, direttore Italia-Europa-mediterraneo/cittadinanza globale COSPE

Intervengono:

Emel Kurma (TK): coordinatrice generale di Helsinki Citizens’ Assembly, coinvolta nel movimento di protesta di Gezi Park, Istanbul. Sin dagli anni ´90, si è occupata di movimenti sociali, diritti di cittadinanza, profughi e libertà fondamentali in Turchia e in Europa orientale.

Kamal Lahbib (MAR): ex-detenuto politico, ha partecipato alla creazione di numerosissime organizzazioni non-governative marocchine. È direttore di Alternatives Maroc e membro del Forum Maghreb-Mashrek. Leader del movimento anti- globalizzazione del suo Paese, è una delle teste pensanti del Forum sociale mondiale tenutosi a Tunisi nel 2013.

Lina Ben Mhenni (TUN): attivista tunisina, blogger e assistente di linguistica all’Università di Tunisi. Ha vinto il Deutsche Welle International Blog Award e l’International Journalism Prize di El Mundo, ed è stata candidata al Nobel per la Pace 2011. Dal 3 agosto 2013 è sotto protezione governativa per le minacce ricevute da estremisti islamici.

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“È possibile costruire un movimento dal basso per un Mediterraneo Spazio Comune, per una Cittadinanza Mediterranea?”: questa è la domanda centrale del dialogo che coinvolge Kamal Lahbib, Emel Kurma e Lina Ben Mhenni. Rispondendo a questo interrogativo, Kamal Lahbib parla di attivismo politico degli anni passati e della relazione con le nuove generazioni, sottolineando la necessità di mantenere dei canali tra attivisti politici degli anni passati e i giovani della generazione del 2011. I vecchi attivisti erano forse più ideologici, i giovani non si fanno più inquadrare, ma hanno una percezione universale dei diritti e sono aperti al confronto; i vecchi volevano conquistare il Potere, i giovani vogliono conquistare dei diritti e considerano il Potere come uno dei diversi attori del gioco. “Questa relazione intergenerazionale è molto importante e può produrre risultati se coltivata e valorizzata” sottolinea Kamal. Emel Kurma parla invece di Identità e lotta sociale: in molti Paesi, anche tra i movimenti progressisti, il dialogo sociale e il discorso politico hanno assunto una traduzione nazionale, riproducendo un sentimento di appartenenza identitaria. “Ci siamo lasciati coinvolgere da un dibattito in cui le identità ci giustificavano e ci giustificano” spiega Emel. La nuova sfida è liberarsi dal riflesso identitario e costruire nuove coalizioni oltre i gruppi sociali, culturali, nazionali o religiosi per affermare diritti e lottare contro le oppressioni. La storia della città siriana di Kobane, stretta tra ISIL e regime siriano, e la rivoluzione siriana, è secondo Emel, un buon segnale. Informazione e cittadinanza è la chiave di lettura proposta da Lina Ben Mhenni: l’informazione libera e i social media hanno dato un appoggio fondamentale agli attivisti azione popolare che ne è nata in Turchia in ambienti trasversali, anche lontani dalla durante i moti rivoluzionari e le proteste sociali, ma l’informazione è solamente uno strumento, non un fine. Senza un radicamento sociale, di terreno, anche l’attivismo politico è destinato a perire. Non basta informare, bisogna restare sul terreno; è questa la  vera espressione della cittadinanza secondo la blogger tunisina: “Spazi di socialità e solidarietà nei quartieri difficili, negli ambienti rurali, nelle regioni periferiche, abbiamo bisogno anche di questo”. Attivismo per i diritti significa presenza sul territorio, fiancheggiamento delle istituzioni, radicamento nel popolo. Alla domanda sul significato di cittadinanza mediterranea, Lahbib risponde che “Cittadinanza mediterranea significa rispettare le differenze, lavorare con le minoranze, riconoscerne i diritti culturali e politici, come facciamo ad esempio valorizzando la lingua Amazigh a fianco di quella araba e delle lingue europee”. L’attivismo politico deve assumere la diversità sociale e culturale come parte del proprio patrimonio politico, per rompere logiche neocolonialiste e facilitare lo scambio tra segmenti diversi dei movimenti e della società civile organizzata. Questo aiuterebbe a svincolarsi da dinamiche nazionali, che non sono interessate a un progetto di integrazione all’interno del proprio stesso Paese, né tra i Paesi della regione mediterranea.“Cittadinanza mediterranea significa lavorare con profughi, rifugiati ed immigrati, con tutti quei segmenti delle nostre società vittime di conflitti, recessioni economiche, regimi oppressivi o limitazioni alla libertà di movimento” aggiunge Emel Kurma. L’accoglienza non è solo un fatto di emergenza umanitaria, di regolazione di flussi di forza lavoro, di solidarietà internazionale. Nel Mediterraneo è un fatto di “famiglia”, è parte della nostra storia e della nostra ricchezza, e deve essere parte di un progetto politico di integrazione. “Quando lavoriamo con i profughi curdi o siriani, ad esempio, tuteliamo una cornice di coesione regionale, indispensabile alla prosperità e stabilità di questa regione” spiega Emel. Per Lina Ben Mehnni, infine, cittadinanza mediterranea significa diritti fondamentali rispettati ovunque, donne uguali agli uomini, immigrati uguali alle comunità di accoglienza, diritto di risiedere dove uno vuole, diritto a dire ciò che si pensa. “Dobbiamo evitare di lottare ognuno per i propri diritti nel proprio Paese, dobbiamo lottare per i diritti a livello regionale” rivendica Lina. Un indigente dell’interno della Tunisia e un giovane disoccupato di Madrid portano avanti la stessa lotta. Quello che manca è un salto di qualità. Lina conclude con il seguente appello: “Dobbiamo incrociare queste lotte e trovare degli strumenti per organizzarci, scambiare pratiche e darsi degli obiettivi in comune. Dobbiamo costruire spazi di organizzazione, azione e mobilitazione comuni”.