Terrorismo e xenofobia: smantellare il circolo vizioso della fabbrica della paura
Suggestioni tematiche: Cosa lega la lotta al terrorismo alla cultura politica della xenofobia? / Buone pratiche di conoscenza, indagine e dialogo per rompere il circolo vizioso della paura / Ruolo della società civile nel denunciare la violenza politica e l’utilizzo del diverso come capro espiatorio / Come andare oltre la repressione dei diritti umani e delle libertà civili per vincere la violenza politica
Obiettivo del dialogo: Aprire un dibattito senza pregiudizi sull’uso manipolativo della lotta al terrorismo e della propaganda xenofoba per smascherare interessi costituiti e smascherare ambizioni politico-elettorali che calpestano la cultura dei diritti e della solidarietà.
Sintesi di Giacomo Morabito, Mediterranean Affairs (moderatore)
Hanno partecipato: Ismail al-Iskandarany, attivista politico e giornalista investigativo egiziano, esperto di movimenti radicali, affari militari e terrorismo; Emel Kurma, turca, Coordinatrice generale di Helsinki Citizens’ Assembly, un’organizzazione di cittadini europei per la pace, la democrazia, il pluralismo ed i diritti umani, e che è stata coinvolta nel movimento di protesta di Gezi Park; Edi (Edoardo) Rabini, già collaboratore di Alexander Langer al parlamento Europeo e tra gli animatori della Campagna Nord-Sud, biosfera, sopravvivenza dei popoli, debito, e cofondatore della Fondazione Alexander Langer Stiftung.
La sezione “Terrorismo e xenofobia: smantellare il circolo vizioso della fabbrica della paura” del Sabir Maydan si è svolta lo scorso 11 ottobre, esattamente a 24 ore di distanza dall’attentato avvenuto ad Ankara, in cui sono morti oltre 120 persone e oltre 500 sono rimaste ferite. L’attentato è stato definito dalla stampa internazionale come “Tukey’s 9/11”, soprattutto per quelle che potranno esserne le conseguenze. Da questo tema è iniziato il colloquio con i relatori della sezione, e proprio uno di loro è di origine turca: Emel Kurma, Coordinatrice Generale di Helsinki Citizens’ Assembly, e che dagli anni ´90 si è occupata di movimenti sociali, diritti di cittadinanza, profughi e libertà fondamentali in Turchia e in Europa orientale.
Mentre all’interno dell’Europa matura sempre più una forte insofferenza e intolleranza nei confronti dell’immigrazione, soprattutto quella di popolazione musulmana, le libertà come quelle di espressione e di partecipazione politica in Nord Africa e Medio Oriente sono state ridotte al minimo, se non represse in pratica, sia dai gruppi estremisti radicali che infestano la suddetta area, sia dai governi locali. Su questo punto si snoda, quindi, il dibattito fra i relatori; in particolare, Kurma e al-Iskandarany analizzano tale questione prendendo come esempi quanto accade nei propri rispettivi Paesi. Sulla base delle opinioni di Kurma, emerge che in Turchia la cittadinanza organizzata ha certamente potuto ottenere certi successi e diventare influente nei riguardi delle istituzioni, ma al momento – soprattutto alla luce dell’attentato di Ankara – ancora non si può trattare di una condizione soddisfacente.
Sebbene dalle sue parole trapeli un certo ottimismo in chiave futura, viceversa al-Iskandarany ricorda con amarezza le vicende di quello che è stato definito da alcuni esperti “l’insuccesso della Primavera Araba”, ovvero l’Egitto. Al-Iskandarany evidenzia quanto abbia pesato e pesi tutt’oggi il potere istituzionale nel suo Paese d’origine, in particolare quello militare che, storicamente, ne ha condizionato gli equilibri politici negli ultimi 60 anni. Se la situazione egiziana non pare non promettere nulla di buono alla luce della testimonianza di al-Iskandarany, che parla di vera e propria “controrivoluzione” che si è avvalsa e nutrita della spirale terroristica per consolidarsi e schiacciare le libertà fondamentali, viceversa Rabini ricorda l’esperienza algerina di circa 20 anni fa: lo scoppio della guerra fra le forze islamiste e lo Stato. Secondo molti, è stato proprio l’autoritarismo politico presente nel Paese ormai da oltre 15 anni a permettere al popolo algerino di sperimentare una vita migliore rispetto a prima, sebbene il futuro sembri abbastanza incerto, considerando la crisi all’interno dello storico partito FLN, e gli spazi esigui che vengono concessi ai movimenti per i diritti e le libertà.
Gli interventi rivolti ai relatori hanno contribuito a integrare queste tematiche, soprattutto sotto la lente di ingrandimento dell’Unione Europea che, dal ruolo di ‘fratello maggiore mediterraneo’, sembra più uno spettatore disinteressato alle vicende interne dei suoi vicini del Mediterraneo meridionale. L’Unione Europea e i suoi Paesi membri, inoltre, hanno mostrato un’inadeguata preparazione a gestire la questione dei flussi migratori e l’integrazione dei migranti all’interno del contesto europeo, provocando indirettamente manifestazioni xenofobiche incontrollate, sfociate nella violenza. D’altra parte, questa mancanza di integrazione ha anche fomentato un certo fondamentalismo islamico dentro le mura europee, come dimostrato dagli attacchi di Londra nel 2005 e di Parigi nel 2015. Siamo di fronte ad una mancanza di identità anche fra gli stessi popoli europei, riuniti sotto la stessa bandiera blu dalle 12 stelle dorate, ma separati al momento dalle gravi crisi che stanno martoriando il Vecchio Continente da oltre 5 anni.