Intervista a Fabio Laurenzi
I: Chi è e cosa fa COSPE?
F: COSPE è un’associazione privata laica senza scopo di lucro che esiste ormai da oltre trenta anni. E’ un’associazione italiana che nasce in Toscana, il nostro quartiere generale è ancora a Firenze, ma oggi siamo anche un soggetto impegnato in oltre trenta paesi del mondo. Da sempre COSPE è un attore che fa attività di cooperazione internazionale nel così detto “sud del mondo”. Inoltre è fortemente impegnato in Italia e in Europa come parte della società civile su temi quali lotta al razzismo, la discriminazione su temi legati all’economia, al lavoro, all’ambiente, ai diritti delle donne, alla produzione del cibo. COSPE è un attore globale non solo perché lavora in tanti paesi, ma anche perché interconnette con concrete attività quello che si fa nel resto del mondo con quello che svolgiamo in Italia ed in Europa.
I: Quante persone lavorano a e con COSPE?
F: COSPE ha circa quaranta collaboratori in Italia, oltre trenta cooperanti, persone responsabili che gestiscono i progetti, all’estero. Se poi consideriamo tutte le persone che nel mondo lavorano nell’ambito dei progetti di COSPE e dei suoi partner, si arriva quasi a cinquecento persone. Accanto alla struttura operativa, fatta di collaboratori e professionisti, molti dei quali sono anche soci dell’associazione, c’è una base associativa fatta di persone, di gruppi che sostengono l’attività dell’organizzazione.
I: La collaborazione con SabirFest come è nata?
F: La collaborazione con SabirFest è nata perché negli ultimi anni abbiamo accresciuto sempre di più la nostra attenzione sul Mediterraneo, in quanto luogo dove si incrociano sfide, che un’organizzazione come la nostra attende affrontare: le migrazioni,le politiche di cooperazione allo sviluppo tra l’Europa, l’Italia ed i tanti paesi del Mediterraneo dove si affrontano le questioni degli accordi economici e commerciali che incidono fortemente sulle ingiustizie della povertà di molti paesi. Nel Mediterraneo, a differenza di altre aree del mondo, l’Italia si trova a svolgere un ruolo specifico. La nostra idea di Mediterraneo cerca di superare la classica dicotomia o relazione nord-sud: stiamo costruendo un’azione di cooperazione, dei progetti, ma anche un’azione politica che coinvolga tutti i paesi dell’area: l’Italia, la Tunisia, il Marocco, l’Egitto, la Grecia, l’Albania, la Turchia, la Bosnia e la Spagna. Un’iniziativa come il Sabir Maydan vuole dare spazio-forza di dialogo al lavoro tra soggetti, persone o/e gruppi anche molto diversi tra loro, alcuni ad aspirazione religiosa altri laici, alcuni che si occupano di economia altri dei diritti umani, di arte e cultura. Noi pensiamo di contribuire a dare una chance a chi, pur nella diversità, lavora su alcune questioni comuni come la democrazia, i diritti umani, i governi che non ripropongano ogni volta terrore, dittatura o repressione.
I: Se dovesse fare un bilancio della presenza del Maydan nel SabirFest, pensa che il Maydan abbia arricchito il SabirFest e viceversa, che entrambi abbiano tratto vantaggi l’uno dall’altro?
F: Il SabirFest ha dato un’opportunità a COSPE e al Sabir Maydan, per questo ringraziamo gli altri soggetti promotori del SabirFest. Credo anche che ci siamo arricchiti in maniera reciproca, per lo scambio di prospettive, tematiche, presenza di ospiti e possibilità di fare network sempre più ampi.
I: Ci potrebbe dare il significato di attivista?
F: La società civile è fatta di modi e forme di impegno molto diversi: credo che gli attivisti siano persone che fanno una scelta individuale di impegno, di coerenza e praticano quello in cui credono facendo scelte individuali e di impegno pubblico. Gli attivisti alcune volte fanno parte di organizzazioni, o gruppi che poi diventano istituzionali se non addirittura partiti, oppure appartengono ad associazioni no profit. Tante sono le persone che si impegnano individualmente ma che hanno un progetto con l’obbiettivo di fare rete e di cercare l’impegno collettivo. Noi pensiamo che sia sano, per qualunque società, di poter contare sul contributo e l’impegno di soggetti individuali ed organizzati che sono fuori dalle logiche di potere istituzionale, non necessariamente per essere conflittive, ma perché sono ulteriore forma di garanzia democratica. Alla fine l’attivismo, più di altri soggetti, si rivolge ed è capace di attivare cittadinanza e partecipazione tra le persone, perché gli attivisti si occupano dei diritti umani, anche se magari svolgono un altro lavoro.