Amazzonia: azione urgente per i popoli indigeni. Il contagio aumenta in modo esponenziale.

L’epidemia di coronavirus avanza in tutta l’Amazzonia con tassi di crescita esponenziali: il dato rilevato l’8  aprile dalla Red Eclesiastica Panamazonica parla di 2137 contagi e 73 decessi ufficiali. Solo una settimana prima erano   622 e 14. L’aumento  è, rispettivamente,  del 344%, e   del 521%.

E’ il Brasile il paese più colpito,  fra i 9 stati sudamericani che ospitano la grande foresta pluviale e la sua gente: 1553 i contagi, 54 i decessi. In una settimana le persone raggiunte dal virus sono quadruplicate. Quelle che hanno perso la vita aumentate di dieci volte.

Alla luce di questi numeri, cresce l’allarme e la paura fra i popoli indigeni: i più vulnerabili di fronte al contagio,  perché discriminati nell’accesso ai beni e ai servizi e lontani dai centri di cura. Spesso anche indifesi di fronte alla malattia, in particolare quelli fra loro  che sono entrati in contatto  recentemente con il mondo esterno, e quelli che hanno scelto di vivere in isolamento per conservare l’integrità della propria cultura e delle proprie terre. E sono privi per questo di ogni protezione immunologica contro i virus esterni.

Per tutte le comunità amazzoniche, ma per loro soprattutto,   chiudere i territori e controllare l’accesso di ogni persona estranea è questione di vita o di morte.  La chiusura dei territori, affermano, è  una regola che deve valere per tutti, anche per i coloni,  i turisti,  i missionari. Ma la minaccia più grave viene soprattutto dalle  attività legali e illegali di estrazione di legname, oro, petrolio.  Una minaccia che le misure di contenimento  adottate dai governi non hanno finora arrestato,  per debolezza e incoerenza ma soprattutto per assenza di volontà. “ Fino a questo momento, sono state le stesse organizzazioni indigene che hanno adottato misure preventive, e cercato appoggio per impedire l’entrata di attori esterni ai propri territori.  La denuncia è di “Acciòn Urgente”, un appello che le tre grandi confederazioni indigene dell’Ecuador hanno lanciato il 26 marzo scorso, e che punta il dito  anche sull’assenza di una strategia  di comunicazione e informazione culturalmente adeguata  per prevenire  la diffusione del virus,  e sulla minaccia  rappresentata dalla militarizzazione dei territori con il pretesto di fermare il contagio.

“Acciòn Urgente”  è un vero e proprio manifesto  che indica la strada da seguire per garantire il diritto alla salute e alla vita delle comunità indigene, nel rispetto della loro integrità culturale e ambientale.

Una strada dove sono segnalati con chiarezza le pietre miliari che dovrebbero orientare il cammino: oltre alla risposta puntuale alle carenze e minacce segnalate più sopra,  il  riconoscimento ufficiale dello status di particolare vulnerabilità delle comunità indigene alla pandemia di covid 19;   l’inclusione dei popoli indigeni nei piani di emergenza  per fronteggiare la pandemia, compresa la distribuzione alle unità sanitarie locali di prodotti per la protezione del personale,  l’igiene individuale,  e farmaci sintomatici;  la creazione immediata di tavoli tecnici e di coordinamento, dal livello nazionale a quello locale, con una adeguata rappresentanza delle popolazioni indigene, per gestire al meglio e con cognizione di causa l’emergenza e garantire  alle comunità assistenza sanitaria e sicurezza alimentare.

Azione urgente: perché non c’è davvero tempo da perdere, i numeri sulla crescita dell’epidemia non lasciano dubbi in proposito.

E oggi arriva la notizia  della prima persona a morire di coronavirus fra gli Yanomani, la nazione del grande sciamano Dave Kopenawa, fra le più combattive nel difendere la propria cultura e la propria terra, nel custodire la propria casa e il cuore verde del nostro pianeta.

La notizia che non avremmo mai voluto ricevere,   di un ragazzo  di 15 anni che ha contratto  il virus  in un’area dove i cercatori d’oro continuano indisturbati le loro attività illegali, e che  se ne è andato per una crisi respiratoria acuta che nessuno ha potuto curare.

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Foto (C)  Redamazonica

10 aprile 2020 

 

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