Amazzonia: rischio genocidio per i popoli incontattati. E il contagio continua in tutta la regione. I dati.
“Se il nuovo coronavirus disturba il sonno del’uomo bianco, immaginatevi il nostro. Gli indigeni del Brasile non furono decimati solo per per la brutalità degli invasori ma anche per le le malattie che arrivarono con le caravelle. I nostri antenati non avevano alcuna difesa contro il raffreddore e il morbillo, ma nel caso de Covid-19 il pericolo è ancora maggiore, perchè tutta l’umanità è indifesa”.
A parlare è l’attivista indigeno Mario Nicacio, vice-coordinadore della “Coordenação das Organizações Indígenas da Amazônia Brasileira (Coiab). Preoccupato soprattutto per la sorte dei popoli che vivono ancora in isolamento, senza contatti con l’”uomo bianco”, e minacciati di estinzione se raggiunti dal coronoavirus, perchè privi di qualsiasi forma di protezione immunitaria di fronte alle malattie che vengono dal mondo esterno. Si calcola che solo in Brasile ci siano almeno un centinaio di questi popoli, distribuiti in 78 territori, secondo l’autorevole Istituto di Studi Socio-Ambiental di San Paolo
Di uno di questi popoli, i Moxihatetea, ha raccontato la storia Davi Kopenawa, leader degli Yanomami, che spiega di averli visti solo dall’alto di un aereo, di non averli mai raggiunti a piedi. Per rispetto. E’ stato di fronte all’UN Human Right Council in Ginevra, il 3 marzo scorso, dove Kopenawa ha denunciato l’assalto dei cercatori d’oro al loro territorio:
“Si sono avvicinati al luogo dove vivono in gruppi isolati i Moxiohatetea, lungo il sentiero dell’ Apiaú River. Hanno iniziato a distruggere la foresta, prima con le loro mani, poi con le loro macchine, calate in parti separate dagli elicotteri ed assemblate a terra. I Moxihatetea vigilano e vogliono tenersi lontani, così fuggono, fuggono molte volte. Ma ormai non hanno più luoghi dove nascondersi. Si difendono scagliando frecce, i cercatori d’oro si vendicano sparando con i loro fucili. Allora riprendono a fuggire, su per il fiume, ma da quella parte ci sono i” prospectors”, installati lungo il fiume Katramani. Ormai sono circondati.
Cercatori d’oro e cercatori di petrolio, pronti a distruggere la grande foresta, la casa dei Moxiohatetea, ed oggi portatori della minaccia definitiva per tutti i popoli incontattati come loro: un virus da cui non hanno possibilità di difendersi. Dal Brasile all’Ecuador, dal Perù alla Bolivia, le denunce e le richieste di allontanare garimpeiros, minatori, industrie estrattive si moltiplicano ma nessun governo sembra disposto a farlo o in grado di far rispettare le misure restrittive che pure sono state deciso.
Meno che mai il Brasile di Bolsonaro, che secondo la denuncia di Kopenawa all’UN Human Right Council si proclama “padrone di questa foresta, dei suoi fiumi e del suo sottosuolo, dei suoi minerali e del suo oro”, e che giusto nel mese di febbraio ha nominato un missionario evangelico, Ricardo Lopes Dias a capo del Dipartimento dei Popoli incontattati o di recente contatto della FUNAI (Fundacao Nacional do Indio, l’agenzia responsabile della protezione dei popoli e delle terre indigene). Un fatto inaudito, se si considera il ruolo giocato dalle missioni evangeliche dagli ultimi decenni fino ad oggi, tanto nei processi di de-culturalizzazione come nel favorire la penetrazione delle economie predatrice della “foresta a terra”, distruggendo quelle rigenerative, della “foresta viva”, delle popolazioni locali. Tanto grave e sfacciata, questa nomina, che lo stesso Pubblico Ministero Federale ha lanciato un grido di allarme lo scorso 8 aprile, parlando di “rischio di genocidio”.
Mentre tutto questo continua a succedere, aumentano i contagi e cresce il numero dei morti in tutta la Regione Amazzonica. Il ritmo di diffusione del virus è ancora esponenziale. Il numero delle persone ammalate nel bacino della grande foresta, su cui si affacciano gli otto paesi amazzonici, è più che raddoppiato in una settimana, passando dai 2137 contagi dell’8 aprile ai 4853 del 16 aprile. Nello stesso periodo il numero delle persone decedute ha fatto un balzo da 73 a 249, aumentando di quasi quattro volte. Fra loro, in misura crescete, persone che vivono nei territori sottoposti all’invasione di garimpeiros, mineros, coloni, ma anche di missionari senza rispetto e senza scrupoli, che in Brasile hanno trovato chi li protegge, al livello più alto.
17 aprile 2020
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