Prosegue lo sciopero nazionale: nubi di guerra civile in Ecuador.

Continua il racconto del nostro responsabile America Latina, Francesco Bonini, delle proteste in Ecuador. 

Siamo a più di 12 giorni di sciopero. Lo scorso giovedì ( 23 giugno) resterà alla storia per la sproporzionata repressione realizzata contro l’enorme manifestazione indigena nella capitale Quito. La giornata era iniziata con toni distensivi e con l’apertura del governo verso una richiesta avanzata il giorno anteriore dal lider del movimento indigena Leonidas Iza.

I militari infatti hanno liberato il centro di cultura occupato preventivamente 4 giorni prima, permettendo ai manifestanti realizzare l’assemblea popolare nel loro spazio storico di riunione. L’assemblea ha confermato i 10 punti presentati al Governo su cui non ha ricevuto risposte soddisfacenti, dichiarando di continuare le mobilitazioni fino all’apertura di un dialogo diretto con il Presidente.

Dopo l’assemblea migliaia di persone si sono dirette verso il Parlamento, con a capo donne di tutte le nazionalità indigene dell’Ecuador, con l’intenzione di realizzare un atto dimostrativo e pacifico di pressione ai lavori del Parlamento.

Di fronte al Parlamento, verso le 15 di pomeriggio, sono iniziati scontri violentissimi placati solamente a tarda notte, con cecchini appostati sui tetti degli edifici circostanti, granate, un numero infinito di gas lacrimogeni, molti dei quali, denuncia la Conaie, scaduti nel 2013.

Per il momento è stato ufficializzato un morto e centinaia di feriti gravi. Si teme però che il saldo possa essere peggiore. Attualmente sono 4 i morti tra i manifestanti dall’inizio dello sciopero.

Mentre nella zona del Parque Arbolito si scatenava l’inferno nel silenzio del Governo, a pochi chilometri, nella Quito che si autodefinisce “gente de bien” montava la protesta contro lo sciopero, contro gli indigeni, con slogan a forti tinte razziste. Quando questa manifestazione si è mossa verso la zona delle proteste per alcuni momenti si è temuto lo scontro, fortunatamente poi non avvenuto.

Durante la mattinata del 24 giugno, si è diffusa la proposta da parte di una parte del Parlamento di procedere con la “muerte cruzada” ossia la destituzione del Presidente in base all’articolo 130 della Costituzione. La proposta ha ottenuto varie adesioni senza però raggiungere il numero minimo stabilito dalla legge. Scampato il pericolo del parlamento, pochi minuti fa, a reti unificate, è riapparso il presidente del Governo Lasso.

In un discorso di inusuale violenza ha comunicato (quindi autorizzato) che la polizia utilizzerà l’uso progressivo della forza contro i manifestanti e chiudendo ogni possibilità di dialogo. Nubi nere di guerra civile coprono Quito.

 

25/06/22