La lunga protesta degli indigeni in Ecuador. Il racconto del nostro cooperante.

Da Quito, Ecuador, il nostro responsabile America Latina, Francesco Bonini, ci racconta costa sta succedendo in queste ore e il clima che respira in una città blindata dalla forze di polizia che vogliono impedire l’arrivo dei protestanti nel entro della Capitale. La situazione è incandescente e denuncia lo stato di crisi in cui versa il paese e in particolare la popolazione indigena.

 

Mentre in Colombia si celebra la vittoria storica di Petro, a Quito si alza la tensione ed il livello dello scontro. Martedi scorso è stato arrestato e poi rilasciato Leonidas Iza, il leader della confederazione dei popoli indigeni dell’Ecuador (CONAIE), che dal 13 giugno ha indetto uno sciopero su scala nazionale, facendo dieci richieste specifiche al governo di Guillermo Lasso, da un controllo sul caro prezzi, a maggiori investimenti in educazione e salute. Venerdì la stessa CONAIE aveva denuncia un tentativo di attentato ad Iza, facendo circolare foto del suo veicolo colpito da un proiettile. Domenica, la polizia ha fatto irruzione con la forza e ha preso il controllo del Centro di Cultura di Quito. L’irruzione, inizialmente giustificata sulla base di una denuncia anonima poi rivelatasi priva di fondamento che allertava sulla presenza di armi nel centro, è stata realizzata per controllare uno spazio che avrebbe dovuto ospitare i manifestanti indigeni in arrivo a Quito da tutte le parti del Paese.

Secondo mezzi di informazione indipendenti, in queste ore migliaia di persone stanno arrivando con ogni mezzo a Quito, molte anche a piedi, con l’obiettivo di arrivare alla casa presidenziale ubicata nel centro storico della capitale. Negli ultimi giorni si sono sommati allo sciopero anche il settore dell’educazione, della salute, dei trasporti (inclusi i taxi).

Per il momento i maggiori scontri si sono registrati alle entrate nord e sud della capitale -dove si registra già un morto- così come in altre province andine. Il chiaro intento di polizia ed esercito é non fare arrivare le proteste nel centro della città. Per questo motivo, il Governo ha indetto da venerdì lo stato di emergenza in tre province (tra cui quella di Quito), con coprifuoco notturno e limitazione ai diritti di associazione, riunione, inviolabilità del domicilio. Misure queste che non hanno attenuato le mobilitazioni, accettuando casomai il livello di scontro.

In questo momento le maggiori vie di comunicazioni per e dalla capitale sono bloccate. In città si respira un clima spettrale: le scuole sono tornate in modalità virtuale così come molti uffici pubblici e privati. nei supermercati si inzia a registrare scarsezza di beni di prima necessità, a causa dei blocchi che impediscono l’approvvigionamento di merci.

L’impressione è che la soluzione sia ancora molto lontana.

21 giugno 2021

Nella foto di Alessandro Cinque uno dei beneficiari del nostro progetto “Cacao Corretto” che lavora con le popolazioni andine, tra le più colpite dalle ingiustizie e dagli squilibri sociali ed economici del paese.