No Deal!: AIDA invita la comunità internazionale a rifiutare il Piano di Pace degli Stati Uniti per il Medioriente

AIDA, l’Associazione delle Agenzie di Sviluppo Internazionali, composta da 84 ONG internazionali operanti nei Territori Palestinesi Occupati (tra cui COSPE), sollecita la comunità internazionale a rifiutare il recente Piano di Pace per il Medioriente proposto degli Stati Uniti e a riaffermare l’impegno congiunto verso l’affermazione dei princìpi del diritto internazionale, come base per una pace giusta e duratura.

Il Piano degli Stati Uniti nega i diritti fondamentali ai palestinesi e riduce le prospettive di una pace duratura. Israele deve immediatamente mettere fine ad ogni forma di attività di colonizzazione ed invertire il processo di annessione de facto dei Territori Palestinesi, adesso autorizzati dal Piano degli Stati Uniti.

Il riconoscimento e la legittimazione da parte degli Stati Uniti dei passi che Israele sta compiendo verso l’annessione unilaterale dei Territori Palestinesi Occupati costituirebbe una violazione del diritto internazionale, il quale obbliga gli Stati a non riconoscere e sostenere gli illeciti internazionali da parte di Israele.

L’annessione di parti della Cisgiordania aggraverebbe ulteriormente il rischio di trasferimento forzato di famiglie e comunità palestinesi, il peggioramento delle condizioni di povertà per le popolazioni coinvolte ed ostacolerebbe ulteriormente gli interventi di assistenza umanitaria, fondamentalei in questo contesto. L’annessione del Territorio Palestinese riconosciuta dal Piano degli Stati Uniti non solo contraddice le responsabilità di Israele, in quanto potenza occupante secondo il diritto umanitario internazionale, ma, inoltre, nega la realizzazione del diritto del popolo palestinese all’autodeterminazione, condannandolo a uno stato permanente di discriminazione e dipendenza.

Le organizzazioni aderenti ad AIDA, lavorando nei Territori Palestinesi Occupati, testimoniano già il dannoso impatto dell’espansione delle colonie e dell’annessione de facto in tutta la Cisgiordania, inclusa Gerusalemme Est.

Sotto l’occupazione militare israeliana, i palestinesi in Cisgiordania e a Gaza si vedono negati diritti e libertà fondamentali, quali la libertà di movimento e l’accesso a beni e servizi essenziali, tra cui assistenza sanitaria, acqua, servizi igienici, sicurezza alimentare, lavoro e sviluppo economico.

La crescente violenza dell’esercito e dei coloni limita il diritto fondamentale dei bambini palestinesi all’accesso sicuro ad un’istruzione di qualità.

Inoltre, nell’ultimo anno, un numero record di palestinesi è stato evacuato con la forza dalla propria casa, come conseguenza dell’espansione delle colonie israeliane a Gerusalemme Est e nell’Area C della Cisgiordania. La messa in atto del Piano degli Stati Uniti accelererebbe questo trend.

Il Piano comprometterebbe ulteriormente la contiguità territoriale della Palestina, che comprende la Cisgiordania, inclusa Gerusalemme Est, e la Striscia di Gaza. Questa frammentazione mina qualsiasi prospettiva di reale sovranità e autodeterminazione. Al contrario, un piano di pace appropriato assicurerebbe la possibilità di realizzazione di uno Stato Palestinese e offrirebbe una soluzione duratura per i milioni di rifugiati palestinesi.

Un piano di pace realistico, attuabile e giusto deve attenersi al diritto internazionale, garantire l’uguaglianza tra gli individui e assicurare l’autodeterminazione sia per i palestinesi che per gli israeliani. L’ “Accordo del Secolo” è fallimentare rispetto a questi principi fondamentali.

Esortiamo i leader palestinesi ed israeliani a lavorare insieme su un percorso che possa permettere una pace giusta e duratura.

Chiediamo alla comunità internazionale, inclusa l’Unione Europea, i suoi Stati membri e gli altri Stati di:

  • Rifiutare il Piano iniquo degli Stati Uniti e di proporre con urgenza un piano di pace alternativo, basato sui diritti umani, il diritto internazionale e la realizzazione dell’autodeterminazione per entrambi i popoli
  • Intraprendere un’azione decisiva, impiegando tutte le possibili contromisure legittime per garantire il rispetto delle responsabilità di ciascuno, così da impedire ulteriori annessioni e la frantumazione dell’integrità del territorio palestinese, e assicurare una rapida cancellazione delle misure annunciate o già attuate.