Emergenza Marocco: ora occorre solidarietà e coordinamento. Intervista al geografo Mustapha Azaitraoui.

All’indomani del terribile terremoto che ha colpito il Marocco, abbiamo parlato con  Mustapha Azaitraoui, geografo e  docente all’Università di Beni Mellal in Marocco, con collaborazioni frequenti con le università di Torino e Venezia. Un’intervista per capire, dall’interno del Paese e da profondo conoscitore delle sue dinamiche sociali, come il Marocco stia vivendo questo momento drammatico e quali siano  i ruoli degli attori internazionali, ong comprese. Azaitraoui è anche parte del comitato scientifico del nostro progetto Amusso.

Ci può dare un quadro della situazione attuale in Marocco rispetto alla tragedia del terremoto, come sta reagendo la popolazione?

Da venerdì scorso il Marocco sta attraversando un periodo di dolore e di lutto. Il terremoto di magnitudo 7 che ha colpito il Paese nella notte tra venerdì 8 e sabato 9 settembre 2023 ha causato la morte di 2.946 persone e il ferimento di 5.674 (dati del Ministero degli Interni marocchino di mercoledì 14 settembre 2023). La popolazione marocchina si sta ancora riprendendo dallo shock di questo terremoto e il bilancio delle vittime continua a salire. Questo terremoto è considerato il più violento della storia del Marocco.

Il giorno dopo il terremoto, la paura e l’ansia hanno lasciato il posto alla solidarietà  per la popolazione della regione dell’Alto Atlante. I marocchini si sono mobilitati in massa per aiutare le persone colpite. In tutte le città si sono formate lunghe code per le donazioni di sangue per aiutare i feriti. Sono stati organizzati anche convogli di aiuti da tutto il Paese.

I marocchini ricordano altri terremoti. Un terremoto di magnitudo 5,7 colpì la città di Agadir nel 1960, uccidendo quasi 12.000 persone, ferendone circa 25.000 e causando frane nella regione. È stato l’evento sismico più potente nella storia del Marocco da quando il Paese ha ottenuto l’indipendenza nel 1956.

Nel 2004, un violento terremoto di magnitudo 6,3 della scala Richter ha colpito la città di Al Hoceima e le regioni circostanti (nel nord del Marocco), provocando circa 628 morti e 926 feriti e causando ingenti danni materiali.

L’evento sismico ha avuto effetti particolarmente devastanti nei villaggi di montagna più poveri e isolati. Sono identificabili a suo parere delle debolezze strutturali, che hanno in qualche modo aggravato gli effetti del sisma?

L’ultimo terremoto ha causato gravi danni e panico in tutto il Paese. I danni hanno colpito anche il patrimonio architettonico. Secondo le autorità marocchine, ventisette siti storici sono stati devastati, soprattutto a Marrakech, Taroudant e Ouarzazate. Nel comune di Talat N’Yaqoub (un comune rurale nella provincia di Al Haouz) è crollata una torre di pietra. Vicino a Ouarzazate, il villaggio fortificato di Aït-Ben-Haddou ha subito  dei danni. Le abitazioni vernacolari in terra battuta e il loro labirinto di vicoli sono state gravemente danneggiate.

Secondo il Ministero dell’Istruzione, 530 scuole e 55 collegi sono compromessi.

Gran parte dei danni ha interessato le aree rurali della provincia di Al Haouz. Infatti, l’epicentro è stato un gruppo di villaggi isolati nelle montagne a sud di Marrakech, quindi le popolazioni rurali sono state le più colpite.

Interi villaggi sono stati rasi al suolo e le strade bloccate hanno ostacolato le operazioni di soccorso, già complicate dalla difficoltà di accesso alla zona. Il villaggio di Tafeghaghte, nella provincia di Al-Haouz, è stato quasi interamente distrutto e metà della sua popolazione è morta.

Delle debolezze strutturali hanno in qualche modo aggravato gli effetti del sistema. Le aree più colpite sono quelle rurali. Le campagne marocchine sono state a lungo abbandonate dalle politiche pubbliche. Anche i rapporti ufficiali dichiarano l’esistenza di questa realtà e affermano che il mondo rurale in Marocco è soggetto a forti pressioni, in particolare il basso indice di sviluppo umano delle popolazioni rurali, la persistenza delle disuguaglianze socio-economiche, l’isolamento, l’emarginazione e l’accentuazione della povertà che colpiscono più di ogni altra cosa le popolazioni più vulnerabili delle campagne marocchine, tutti elementi che costituiscono ostacoli e situazioni di rischio che devono essere arginati. Va notato che, nonostante gli sforzi compiuti dagli attori istituzionali a livello centrale e dalle autorità locali per affrontare queste problematiche e l’attuazione di programmi di sviluppo, il Marocco rurale riflette una dualità di gestione e intervento urbano-rurale, sia in termini di pianificazione territoriale che di strutture e infrastrutture di base.

L’area colpita dal terremoto non fa eccezione. Si tratta di un’area senza sbocco sul mare, dove le strade sono deteriorate e le case sono costruite in terra, che risente dell’ assenza di politiche di pianificazione e sviluppo tipica di  queste zone. Questa situazione spiega l’alto numero di vittime e di danni, che ha portato alla demolizione delle case. Le abitazioni tradizionali dei villaggi di quest’area non sono state progettate per resistere a tali scosse. Costruite in terra, queste strutture autocostruite sono estremamente pericolose se non sono concepite contro i rischi sismici.

Quali saranno secondo lei i bisogni principali della popolazione dei territori colpiti, nei giorni e nelle settimane che verranno?

Dopo il terremoto, la prima necessità è stata quella di soccorrere la popolazione colpita. L’isolamento dei villaggi e la distruzione delle strade a causa del terremoto hanno ritardato l’arrivo delle squadre di soccorso. Ci sono volute diverse ore di duro lavoro da parte dell’esercito marocchino e dei servizi competenti prima che le strade potessero essere riparate.

Per quanto riguarda le principali necessità della popolazione nelle aree colpite, la prima priorità è la cura dei feriti. Gli ospedali della regione hanno accolto numerosi feriti. Anche l’esercito marocchino ha allestito ospedali mobili.

L’altra necessità è quella di alloggiare le famiglie che hanno perso le loro case. Interi villaggi sono stati distrutti, quindi la sfida è quella di fornire alloggio provvisorio in tende o altre strutture più idonee a un clima di montagna. Le autorità marocchine hanno già messo a disposizione della popolazione delle tende nei vari villaggi.

È inoltre importante pianificare una rapida ricostruzione dei villaggi e dei monumenti storici demoliti dal terremoto.

L’assistenza psicologica deve essere estesa anche a un gran numero di persone ferite o che hanno perso i propri cari.

La popolazione marocchina e le organizzazioni non governative nazionali e internazionali hanno organizzato diverse campagne di solidarietà. Queste iniziative hanno comportato l’acquisto di una serie di prodotti. Sono state inviate forniture di emergenza alle aree colpite. Si trattava di beni di prima necessità (cibo, farina, latte, lenticchie, riso, pasta), vestiti, tende, coperte, assorbenti igienici, latte per bambini, ecc.

Queste iniziative sono certamente lodevoli, ma, avendole viste di persona, i veri bisogni degli abitanti sono soprattutto pratici e vogliono vedere le loro case ricostruite, le strade accessibili e i servizi di base disponibili.

Oggi (14 settembre 2023), un comunicato stampa del Palazzo reale ha sottolineato le istruzioni del Re al governo e alle autorità di mobilitare tutte le risorse con la necessaria rapidità ed efficienza per venire in aiuto delle famiglie e dei cittadini colpiti.

A suo avviso cosa potrà garantire l’efficacia degli aiuti?

Innanzitutto, è importante coordinare le varie azioni di intervento tra le autorità marocchine, la società civile e la cooperazione internazionale. Questo coordinamento permetterà di individuare i bisogni reali della popolazione e di fornire aiuti adeguati e specifici.

Quale ruolo potrà avere la cooperazione internazionale e quale le associazioni che sono già presenti in Marocco come COSPE, secondo lei?

Personalmente considero che la cooperazione internazionale sia un attore molto importante nell’accompagnare le politiche di sviluppo nel paese. Possono essere messi in atto diversi meccanismi di aiuto, tra cui l’assistenza tecnica per le operazioni di soccorso, l’assistenza finanziaria e il sostegno alle associazioni locali, e la fornitura dei servizi più urgenti, in particolare in termini di riparo, beni non alimentari, acqua e servizi igienici e sanitari.

La presenza delle ONG italiane ha reso la Cooperazione italiana un attore chiave per sostenere il processo di sviluppo e migliorare gli indicatori socio-economici del Paese, riducendo la povertà e l’esclusione sociale delle popolazioni più vulnerabili. La continuità di questo lavoro in questo periodo è molto importante.

Attualmente sono 8 le ONG italiane che operano in Marocco, già presenti nel paese da molti anni. Oggi, si stanno mobilizzando per dare aiuto alla popolazione delle zone colpita dal terremoto.

COSPE è una delle ONG italiane che ha una grande esperienza e una conoscenza profonda del paese. Il suo contributo in questo momento specifico potrebbe essere volto al coordinamento delle azioni con i vari partner, in particolare con le OSC e gli attori istituzionali, per identificare meglio le esigenze specifiche della popolazione colpita. È importante fare affidamento su un’ampia gamma di attori che operano sul campo in questa fase di crisi e di emergenza.

Quali saranno i rischi maggiori nel lungo periodo e come evitarli?

A mio avviso, il rischio maggiore è il tempo necessario per ricostruire i villaggi e le infrastrutture distrutte dal terremoto. È importante pianificare la ricostruzione a breve termine, in modo che le persone possano essere ricollocate rapidamente e con dignità. È anche importante prendersi cura delle persone colpite dal terremoto finché non potranno riprendere la loro vita normale. È necessario mettere in atto politiche di sostegno sociale ed economico.

Per evitare questi rischi, è necessario ripensare il modello di sviluppo e di intervento nel mondo rurale in generale e nelle aree disastrate in particolare. È necessario mettere in atto politiche di sviluppo inclusive che tengano conto del notevole ritardo in termini di indicatori di sviluppo e della mancanza di infrastrutture, con la conseguente maggiore vulnerabilità della popolazione.