Giornata internazionale contro la omo-lesbo-bi-transfobia. A che punto siamo?

Il 17 maggio di ogni anno si celebra la Giornata internazionale contro la omo-lesbo-bi-transfobia. Giornata di bilanci, ricordi, rivendicazioni, che attraversano il mondo ad ogni latitudine. Ma a che punto stiamo?

Siamo a Cuba, insieme a Yoelkis Torres, attivista gay, che ha celebrato lo scorso settembre il suo matrimonio, uno tra i primi di oltre 745 ad oggi in tutta l’isola, grazie all’approvazione del nuovo Codice di famiglia. E il direttore di COSPE a Cuba ne è stato uno dei padrini, insieme alla direttrice di Oxfam e all’ambasciatore svizzero, perché ci sono conquiste che sono anche politiche, in cui il privato è anche pubblico e festeggiare sé stessi vuol dire anche festeggiare un pezzo di uguaglianza conquistata per tutti e tutte. “Siamo arrivati ai 33 anni dalla eliminazione della omosessualità dalla lista di classificazione internazionale delle malattie mentali da parte della Organizzazione Mondiale della Sanità e da allora si sono raggiunti risultati importanti in molti paesi del mondo. Cuba nel 2022 ha fatto un gran passo con l’approvazione del nuovo Codice della Famiglia, dopo una Costituzione che per la prima volta riconosceva dei diritti ad un gruppo che per tutta la vita era stato totalmente discriminato, maltrattato, mutilato, per il suo orientamento sessuale o la sua identità di genere. Oggi noi celebriamo la possibilità di essere liberi di poter essere diversi e di tenere tutti le stesse condizioni di opportunità”.

E’ indubbio che ci sono stati progressi in molti paesi del mondo. Dal 1990 al 2023, il numero di Paesi che criminalizzano le relazioni private e consensuali tra persone dello stesso sesso è sceso da 113 a 67. Nel 2022 Antigua & Barbuda, Saint Kitts & Nevis, Singapore, Barbados e le Isole Cook hanno abrogato vecchie leggi coloniali che criminalizzavano le relazioni tra persone dello stesso sesso. Il tribunale del Kuwait ha annullato una legge che criminalizzava “l’imitazione dell’altro sesso”. Ma il passo perché tutti e tutte possano davvero sentirsi uguali è lontano. Continua Yoelkis “la discriminazione, la xenofobia, sono radicate nella società con manifestazioni violente che aggrediscono l’esistenza umana di un gruppo vulnerabile. Molti diritti anche qui sono sulla carta, la possibilità della adozione e della procreazione assistita rimangono una sfida perché non esistono né le norme giuridiche né le strutture mediche che le rendano possibili, manca una legge sulla identità di genere e una politica di salute che riconosca l’orientamento sessuale e la identità di genere in funzione del benessere delle persone. Inoltre se non riusciamo ad educare le persone non riusciremo mai ad avere un paese realmente inclusivo. Cresce il fondamentalismo religioso e l’intolleranza”.

Atteggiamenti omofobici e transfobici profondamente radicati lasciano molte persone lesbiche, gay, bisessuali, transgender, queer e intersessuali (LGBTQI+) estremamente vulnerabili alla discriminazione in tutto il mondo, nel mercato del lavoro, nelle scuole e negli ospedali, maltrattate e rifiutate dalle loro stesse famiglie. Attacchi fisici, aggressioni, torture e uccisioni vengono registrati in numerosi paesi.

Dei 67 paesi che ancora oggi criminalizzano le relazioni private e consensuali tra persone dello stesso sesso, 10 prevedono la pena di morte e crescono i paesi che stanno prendendo in considerazione l’estensione della criminalizzazione esistente e l’introduzione della pena di morte, come l’Uganda che nel marzo scorso ha approvato alcune delle leggi anti-gay più dure al mondo, rendendo alcuni reati punibili con la morte e imponendo fino a 20 anni di carcere per le persone che si identificano come LGBTQI+. Ci manda queste righe Mawjoudin, partner di COSPE in Tunisia di un pioneristico progetto di protezione e promozione dei diritti delle persone LGBTQI+ in un contesto dove sono perseguibili penalmente: ” la violazione dei diritti delle persone queer cresce costantemente in Tunisia. La nostra missione è ora più che cruciale che mai in un contesto dove l’erosione dei diritti e la crescita del discorso populista conservatore ed espressioni politiche liberticide minacciano i pochi spazi di azione di cittadinanza conquistati grazie alla nostra lotta negli anni passati”.

Nei Paesi in cui persistono leggi discriminatorie, le persone sono esposte al rischio di arresti, processi e detenzioni.  Gli Stati negano alle persone LGBTQI+ il diritto di associazione e di espressione e questa criminalizzazione istituzionalizzata rafforza lo stigma e produce esclusione ed emarginazione sociale. Il difficile contesto normativo e sociale si traduce in una bassa autostima ed elevati tassi di suicidio, così come all’aumento dell’uso di sostanze, di malattie mentali, ansia e stress e pratiche che aumentano l’esposizione all’HIV. UNAIDS nel proprio comunicato stampa di ieri, ricorda che “nei Paesi in cui i rapporti tra persone dello stesso sesso sono criminalizzati, la prevalenza dell’HIV è cinque volte superiore tra gli uomini gay e gli uomini che hanno rapporti sessuali con uomini rispetto ai Paesi in cui i rapporti tra persone dello stesso sesso non sono criminalizzati. Nei casi in cui sono stati avviati procedimenti giudiziari recenti, la percentuale sale a 12 volte”.

Circa la metà dei paesi che ancora criminalizzano le relazioni tra persone dello stesso sesso sono in Africa. COSPE è stato invitato a partecipare alla ottava Conferenza “Changing Faces Changing Spaces” che si sta emblematicamente svolgendo in questi giorni in Botwsana, in una località segreta per ragioni di sicurezza, con centinaia di attivisti e attiviste da tutto il continente africano. E i temi scelti parlano di speranza, di fragilità, di solidarietà, di forza: Abbracciare la nostra magia; Guarigione del movimento panafricano; Amore africano queer è amore; Inclusività e accesso; Rinascita/Rinascimento. Alcuni attivist3 che ci chiedono di rimanere anonim3 ci dicono “Questa giornata e questa celebrazione sono molto importanti e significative, soprattutto per ciò che sta accadendo in Uganda e in tutto il continente in questo momento. È un promemoria per ricordare le cose per cui stiamo lottando, per le vite, la giustizia, l’anima di questo continente. Questo è un giorno per ricordare di mantenere quella gioia, quel fuoco necessario per andare avanti. Ci ricorda che non siamo soli in questa lotta. Abbiamo comunità, abbiamo sostegno e abbiamo le risorse di cui abbiamo bisogno e più di ogni altra cosa ci ricorda che noi siamo quelli che stavamo aspettando”. Le voci si sovrappongono: “Io sono umano, voi siete umani. Sono una persona, siamo tutti persone. Mentre celebriamo questo giorno, una cosa che possiamo fare è mettere l’umanità al primo posto, viviamo in un bellissimo villaggio globale come persone, come esseri umani”. E poi ancora “Celebro tutti voi. Celebro l’amore che tutti noi abbiamo e l’energia che portiamo in questo spazio. Sappiate che siete visti e validi e che siamo amati come comunità. Questo è il nostro momento di stare in piedi, di essere contati e di dire – Ehi, siamo qui e non andiamo da nessuna parte, non abbiamo nulla da perdere se non le nostre catene e lotteremo finché non saremo tutti liberi”. Ci confrontiamo in particolare con Sam Ndlovu, attivista transgender, direttore della organizzazione Trans Research Education Advocacy Training in Zimbabwe e leader della rete trans dell’Africa Australe, partner di COSPE del progetto Out&Proud, per i diritti delle persone LGBTQI+ in Africa Australe, collega e amico con cui abbiamo condiviso tante sfide negli ultimi anni: “In questo giorno di IDAHOBIT (nrd Giornata internazionale contro l’omofobia, la bifobia, la transfobia) ci prendiamo il tempo per riflettere sulla repressione subita da molti cittadini africani semplicemente a causa del loro aspetto, di chi sono o di chi amano. È un peccato che ci troviamo in un momento in cui le persone trans e con diversa identità di genere si trovano in uno spazio sociale in cui si cerca di costringerle a scegliere se essere cittadini o essere sé stessi. Le due cose sono indivisibili e complementari e una non può esistere senza l’altra. Il nostro scopo e la nostra missione sono quelli di garantire che possiamo godere della piena dignità di esseri umani come parte di una società alla quale apparteniamo. Ma per poterlo fare abbiamo bisogno di esistere senza paura, dolore e limitazioni, in modo da poterci impegnare al massimo nello sviluppo della nostra nazione”.

 

E quindi dal Botwsana a Cuba, ci lasciamo con le parole di Yoelkis “La lotta sempre continuerà. Ciascun 17 di maggio continuerà ad essere un grido di libertà e una bandiera per la lotta per i nostri diritti”. #TodosLosDerechosParaTodasLasPersonas

17 maggio 2023