Diritti umani in Palestina – incontro con Francesca Albanese, Relatrice Speciale ONU

Senza la fine delle ingiustizie strutturali non ci potrà essere sicurezza per nessuno” così Francesca Albanese, Relatrice speciale del Consiglio per i diritti umani dell’Onu sulla situazione nel territorio palestinese occupato, chiudeva una lunga intervista a La Repubblica in risposta alle accuse di antisemitismo che hanno accompagnato il suo mandato, iniziato nel giugno del 2022. A settembre 2022 il suo primo rapporto sullo stato dei diritti umani nei territori Palestinesi occupati che conferma quanto altre organizzazioni come Amnesty International e Human Rights Watch, insieme a molte altre realtà associative che lavorano in Palestina come COSPE stanno denunciando da tempo. Le autorità israeliane stanno mettendo in atto un sistema di discriminazione sistematica – apartheid – nei confronti di tutte e tutti i palestinesi sotto il loro controllo, che vivano in Israele, nei Territori palestinesi occupati o in altri stati come rifugiati.

La violenza dei coloni israeliani contro i palestinesi è aumentata per il settimo anno consecutivo, tra aggressioni fisiche, danni alle proprietà e distruzione degli alberi d’ulivo. Tutti i rapporti citati, da quello delle NU alle altre organizzazioni, documentano ampiamente come le autorità israeliane condonano e facilitano questa violenza, arrestando i palestinesi sotto attacco, fornendo scorta armata ai coloni o semplicemente restando in disparte a guardare mentre i palestinesi vengono picchiati e le loro proprietà vengono distrutte. Questa cultura dell’impunità incoraggia ulteriori violenze, come dimostrato dall’ondata di attacchi degli ultimi giorni da parte dei coloni. Il 2023 ha visto l’inasprirsi del clima di tensione con ben 81 persone palestinesi uccise dall’inizio dell’anno e il tentativo di impedire una terza intifada durante il mese di Ramadan e le festività ebraiche, con l’incontro di Aqaba, fortemente voluto dall’amministrazione USA a cui hanno partecipato i responsabili della sicurezza israeliani e palestinesi, oltre ad Egitto, Giordania e Gran Bretagna. La riunione si è tenuta dopo il massacro di Nablus, 12 morti palestinesi del 22 febbraio e il rifiuto di Netanyahu di ritirare le costruzioni di 10 mila unità abitativa e il condono di 9 insediamenti abusivi.  Dichiarazioni, quelle di Aqaba, nate morte visto che 2 giorni dopo si sono registrati incendi di massa appiccati da coloni israeliani, supportati dall’esercito a Hawara e Zaatara, nei pressi di Nablus, con la distruzione di decine di case, negozi e centinaia di auto.

Allo stesso tempo da gennaio migliaia di persone scendono in piazza ogni sabato in Israele contro il piano di riforma del sistema giudiziario proposto dal governo. In un articolo di Meron Rapoport e Oren Ziv, apparso su The Nation e tradotto da Internazionale si racconta delle ambiguità delle proteste ma si guarda a queste anche come ultima chance per lo sviluppo di un movimento democratico.  “Questa ondata di dissenso serve da lezione collettiva sulla democrazia attiva. Se riuscirà a fermare le iniziative antidemocratiche potrebbe creare un nuovo modo di pensare alla democrazia israeliana, alla necessità di proteggere i diritti delle minoranze dalla “tirannia della maggioranza”, e al pericolo delle idee razziste e antidemocratiche che la destra promuove da anni.”

Di quello che sta accadendo in Palestina e in Israele discuteremo insieme a Francesca Albanese stessa e ad altri esperti in un’iniziativa promossa dalla Rete per la Palestina di cui COSPE fa parte giovedì 16 marzo alle ore 18 in Piazza Tasso alla sala delle ex-leopoldine.

 

Locandina dell’evento