Ddl Zan – una battaglia mai interrotta
Il ddl Zan è stato ripresentato il 4 maggio, in Senato, essendo scaduti da pochi giorni i sei mesi di embargo al testo bocciato a Palazzo Madama il 27 ottobre 2021. Con la chiara intenzione – nelle parole dei suoi firmatari – di “riannodare il filo spezzato” sui diritti e sul contrasto alle discriminazioni, dotando anche l’Italia di più precisi strumenti per prevenire e combattere i crimini d’odio. L’obiettivo è quello di far approvare il testo entro la legislatura, anche se la strada appare in salita, vista la strenua opposizione al testo – rimasto immutato rispetto a quello bloccato ad ottobre – di una parte consistente del Parlamento.
Come è noto, il ddl Zan intende punire atti discriminatori o di istigazione alla violenza, proponendo di modificare il contenuto degli artt. 604 bis e 604 ter del codice penale, rubricati come delitti contro l’uguaglianza, per aggiungere alle fattispecie già provviste di tutela (‘razziali’, etniche, nazionali o religiose) quelle relative al sesso, genere, orientamento di genere, identità di genere e disabilità); contrariamente a quanto spesso sostenuto, il ddl non aggiunge quindi nuovi articoli di legge nel procedimento penale per punire i crimini d’odio, ma estende tutele già previste dall’ordinamento. Il testo propone, inoltre, di modificare l’articolo 90 quater del codice penale, relativo alle condizioni di particolare vulnerabilità: le vittime di un reato di discriminazione o di violenza per motivi legati ai fattori protetti potrebbero così godere di particolari tutele durante il processo.
Se venisse approvato, il ddl Zan potrebbe porre rimedio a un grave e perdurante ritardo del nostro paese in fatto di protezione di diritti umani e discriminazioni, e lancerebbe altresì un messaggio chiarissimo a tutta la società italiana: ovvero che tutte le persone hanno uguali diritti e piena cittadinanza di fronte alla legge, come sancito dall’art. 3 della Costituzione, e che istigare all’odio e alla violenza contro di esse non può essere accettato. Proprio per rafforzare una cultura dell’eguaglianza e del contrasto alle discriminazioni per i motivi richiamati nel testo, il ddl prevede anche l’istituzione di una “giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia”, chiedendo inoltre alle scuole e alle amministrazioni pubbliche di promuovere “la cultura del rispetto e dell’inclusione” nonché di “contrastare i pregiudizi, le discriminazioni e le violenze motivati dall’orientamento sessuale e dall’identità di genere“, in attuazione, appunto, dei princìpi di uguaglianza e di pari dignità sociale sanciti dalla Costituzione. A questo fine, il testo propone di elaborare una strategia di prevenzione “nel quadro di una consultazione permanente delle amministrazioni locali, delle organizzazioni di categoria e delle associazioni impegnate nel contrasto delle discriminazioni fondate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere, e volta a individuare specifici interventi per prevenire e contrastare l’insorgere di fenomeni di violenza e discriminazione fondati sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere”.
Di una forte azione di prevenzione e di contrasto c’è assolutamente bisogno. Persone trans, omosessuali, donne, e persone con disabilità non sono ancora adeguatamente protette dall’ordinamento esistente, come dimostrano i molti episodi di hate speech e hate crime registrati anche durante la pandemia: attacchi e discriminazioni che troppo spesso restano impuniti per il mancato adeguamento dei nostri codici ai reati di incitamento all’odio e alla violenza.
Per questo salutiamo con favore la ripresa dell’iniziativa parlamentare su questi temi, augurandoci che insieme alla discussione intorno al ddl Zan – che continueremo a sostenere, come abbiamo sempre fatto – si possa ricostruire nella società civile quel terreno di confronto, di ascolto e di solidarietà che permetta sia di migliorare ulteriormente il testo ripresentato ieri in Senato, sia di consolidare una cultura del diritto a tutela di tutte le persone e di prevenzione dei crimini d’odio come risposta ferma e duratura al culto della violenza e alle prassi discriminatorie.
Non ci stancheremo mai di dirlo: laddove i diritti fondamentali delle persone sono in gioco, la risposta dello Stato deve essere chiara, le sue leggi adeguate, le sue strategie di prevenzione di abusi e discriminazioni efficaci e condivise. E deve essere forte e coesa la presenza della società civile, le cui voci – diverse e complementari – devono poter essere ascoltate, e incidere nei processi di cambiamento.
Rete nazionale per il contrasto ai discorsi e ai crimini d’odio
16/05/2022