Palestina: a Gerusalemme Est la repressione violenta di Israele non si ferma.

COSPE esprime forte preoccupazione per la violenta campagna di repressione messa in atto dalle forze israeliane e per la costante minaccia di trasferimento forzato a cui sono sottoposti i palestinesi del quartiere di Sheikh Jarrah. Queste le notizie che ci provengono dal nostro staff in Palestina:

Vivere a Gerusalemme Est, oggi, significa essere testimoni della violenta repressione perpetrata dalle forze di sicurezza israeliane. Una repressione che consta in primo luogo di un uso massiccio della forza in maniera indiscriminata nei confronti dei civili palestinesi.

Le azioni violente della polizia israeliana degli ultimi giorni consistenti in arresti, pestaggi, anche di donne, nell’utilizzo di fumogeni, bombe sonore, proiettili di gomma e idranti per disperdere la folla di civili, si registrano contestualmente alla presenza massiccia di palestinesi, che in occasione del mese sacro di Ramadan hanno riempito i vicoli della Città vecchia e i luoghi di culto. Una presenza che la polizia israeliana ha cercato di contenere prima impedendo l’accesso ad alcuni di questi luoghi, ed infine compiendo attacchi diretti sulla Spianata delle moschee e in tutta la Città vecchia.

La risposta violenta delle autorità israeliane arriva, inoltre, a seguito delle proteste dei palestinesi del quartiere di Sheikh Jarrah, in cui 8 famiglie per un totale di 87 persone rischiano lo sgombero forzato dalle proprie abitazioni da parte delle autorità israeliane a favore dei coloni.

Le famiglie di Sheikh Jarrah, così come di altri quartieri di Gerusalemme Est, vivono sotto la costante minaccia di trasferimento forzato e, dal 1972, portano avanti estenuanti e costose battaglie legali contro organizzazioni di coloni israeliani che ricorrono ai tribunali israeliani per insediarsi nelle case attualmente abitate da palestinesi.

L’ordinamento giuridico israeliano, infatti, oltre ad essere impropriamente applicato ad un territorio occupato secondo il diritto internazionale, quale Gerusalemme Est, è estremamente discriminatorio in quanto permette solamente agli ebrei israeliani di reclamare terra e beni immobili a Gerusalemme Est, mentre nega ai palestinesi il diritto al ritorno nelle abitazioni da cui furono costretti a fuggire nel 1948.

L’espulsione forzata delle famiglie palestinesi di Sheikh Jarrah, se attuata, oltre a costituire un crimine di guerra, rientrerebbe nel più ampio e sistematico processo di alterazione demografica di Gerusalemme Est, mirato a rafforzare la presenza di cittadini israeliani a scapito della popolazione palestinese.

La resistenza nonviolenta della comunità palestinese di Sheikh Jarrah, supportata dall’intera comunità palestinese gerosolimitana ha visto una repressione senza precedenti, con arresti e violenze sia da parte della polizia israeliana sia da parte dei coloni che agiscono nella totale impunità.

Durante l’ultimo venerdì del mese di Ramadan, inoltre, la polizia israeliana facendo irruzione nella Spianata delle Moschee ha ferito più di 200 palestinesi. Violenza che si è poi ripetuta all’interno del quartiere musulmano nella Città vecchia e nella zona della Porta di Damasco. La repressione delle forze israeliane si è registrata anche nella serata di sabato durante la notte di al-Qadr, una delle notti sacre del mese di Ramadan, quando la polizia ha fatto irruzione anche nella clinica presente nella Spianata delle moschee.

Quello che sta accadendo a Gerusalemme Est è solamente la dimensione urbana delle politiche di annessione israeliane, che sono portate avanti in egual maniera in Cisgiordania. Come evidenziato e denunciato nel rapporto redatto da Cospe “Una vita in isolamento” lo Stato d’Israele viola sistematicamente i diritti fondamentali della popolazione palestinese, con specifico riferimento al diritto alla terra, all’accaparramento di risorse naturali, alla libertà di movimento, al diritto alla salute e all’accesso al lavoro.

foto di Michele Giorgio 

10 maggio 2021