Migra: gli impatti della pandemia sulle economie su tre paesi africani
Una frenata brusca e significativa quella imposta dalla pandemia ai commerci e allo sviluppo delle regioni di confine tra Guinea Bissau, Senegal e Guinea Conakry. L’indagine sull’impatto economico della pandemia, recentemente conclusa da COSPE, una delle Ong che insieme a Lvia, Cisv realizzano il progetto MIGRA, (Migrazioni, Impiego, Giovani, Resilienza, Auto-impresa), finanziato da AICS (Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo), rileva i primi effetti delle misure di contenimento adottate dai 3 paesi sulle economie locali.
Economie che negli ultimi anni avevano segnalato percentuali di crescita di Pil incoraggianti: dal più contenuto 4,5% della Guinea Bissau al 6,8% del Senegal (dati FMI 2019). Commercio, turismo i settori trainanti, ma anche l’agricoltura che da produzione locale di sussistenza, che si basava soprattutto su miglio, sorgo, mais e riso, si era andata via via consolidandosi in un settore legato all’esportazione, sia nei paesi limitrofi che in mercati più lontani. La crescita economica nel biennio precedente, aveva indotto agricoltori e altri imprenditori locali a fare investimenti per sostenere l’andamento della produzione. Mercati in espansione quelli delle aree transfrontaliere ma pur sempre fragili e con ricadute sociali, sul lavoro e l’accesso ai servizi essenziali che rischiano di essere drammatici.
L’analisi svolta da COSPE su un campione di circa 60 imprese e una trentina di istituzioni pubbliche e organizzazioni private o associative nelle regioni di confine dei 3 paesi fotografa una situazione di grande sofferenza delle economie locali.
La rilevazione effettuata nei mesi di agosto e settembre riporta tra l’altro i primi effetti delle misure di contenimento adottate che hanno agito soprattutto tra marzo e maggio. Dei 3 paesi il primo a dichiarare lo stato di emergenza e ad adottare restrizioni è stato il Senegal che dal 23 marzo ha istituito coprifuoco notturno e limitazione alla circolazione. A pochi giorni di distanza le 2 Guinee hanno adottato anche loro misure analoghe, limitando la circolazione e chiudendo le frontiere, contenendo in modo abbastanza positivo la diffusione del virus ma dando un colpo significativo al commercio nell’area.
Una zona transfrontaliera, quella su cui agisce il progetto Migra, che è da sempre teatro naturale di scambi e commerci e che quindi ha subìto gli effetti delle misure restrittive adottate in modo significativo.
L’impatto Covid si è tradotto in un calo dell’attività in tutti i settori, in particolare nei settori del commercio, manifatturiero, dell’ospitalità e del turismo, ma anche dei trasporti e agricoltura per citarne solo alcuni. Questo calo dell’attività ha significato anche perdita di posti di lavoro, in particolare nel settore informale (temporanei, senza contratto di lavoro, senza sicurezza sociale), nell’agricoltura, nel commercio, nel turismo e nei servizi. Le misure di contenimento e la restrizione della mobilità hanno comportato nei 3 paesi difficoltà di approvvigionamento di materie prime e input e di distribuzione dei prodotti nei mercati di riferimento.
Nel settore avicolo si è ad esempio avuto difficoltà di approvvigionamento di pulcini e mangimi, ma in generale le aziende di allevamento, hanno avuto anche la difficoltà legate alla restrizione dei viaggi dei tecnici veterinari impossibilitati molte volte a fornire la vaccinazione per gli animali.
In Guinea il settore della pesca ha subìto un grosso contraccolpo. In netta espansione nel 2018 e 2019, tanto da spingere a investimenti delle imprese per nuove imbarcazioni, il 2020 è andato in netta controtendenza, a causa del confinamento che ha ostacolato sia le uscite in piroga che la possibilità di vendere i propri prodotti. Il blocco degli spostamenti e dei trasporti ha contribuito a interrompere la catena del freddo per la conservazione del pesce, aumentando così gli scarti e la deperibilità del prodotto, questo in contemporanea con una diminuzione delle vendite legata alla difficoltà di circolazione delle persone. Nonostante questo le imprese ittiche sono tra quelle che sono riuscite a reggere meglio la crisi, considerato che i loro costi fissi sono strettamente legati alla ripresa delle attività di pesca
Il settore dei trasporti invece è andato in sofferenza ovunque. I primi cambiamenti si sono cominciati ad avvertire poco prima delle misure di restrizione, quando il traffico privato è aumentato a discapito di quello collettivo, diminuendo così la disponibilità di passeggeri e le entrate. Ma è con l’esplodere della pandemia e delle politiche di contenimento (in particolare il confinamento, la chiusura delle strade e delle frontiere) che le imprese di trasporto sono andate pesantemente in crisi sia dal punto di vista del numero di persone trasportate che dell’impossibilità di trovare pezzi di ricambio a prezzi ragionevoli.
La limitazione al trasporto di beni e servizi ha anche causato un aumento dei prezzi dei prodotti di prima necessità. Tutti elementi che vanno ad incidere sul reddito familiare, sul loro potere d’acquisto e causano un aumento della povertà e della vulnerabilità sociale in paesi che non sono in grado di offrire nessun tipo di ristoro e tanto meno misure come la cassa integrazione o reddito di cittadinanza.
Il settore agricolo in Casamance, regione sud del Senegal, ha visto cali medi del 30% con punte massime del 40% rispetto agli andamenti dell’anno precedente. Secondo l’osservatorio della Direction Régional Développement Rural, i primi momenti della pandemia hanno in verità portato a un aumento della produzione agricola, dovuta a un aumento temporaneo della domanda interna collegata alla chiusura delle frontiere e a un decremento delle importazioni, con relativo alleggerimento della competizione interna a vantaggio di alcune imprese. Ma nel medio periodo la modifica strutturale del mercato, sia dal punto di vista della produzione che della distribuzione, ha dovuto far mettere in campo strategie alternative di sopravvivenza.
L’indagine MIGRA ha quindi fornito indicazioni utili per una ripartenza che deve tenere in considerazione i limiti di un approvvigionamento locale di input e materie prime che ha colpito le filiere a monte, aumentando i costi e diminuendo l’offerta.
La messa in rete dei produttori, così come dei fornitori locali di materie prime per il sostegno a filiere meno dipendenti dalle importazioni e più capaci di abbattere i costi degli input e dei trasporti grazie ad acquisti collettivi, così come il sostegno al credito sono alcune delle raccomandazioni finali dell’indagine che il progetto MIGRA raccoglierà e su cui lavorerà per offrire opportunità lavorative a giovani, donne, migranti di ritorno.
4 gennaio 2021