Giornata della Terra: la società civile palestinese chiede fine del blocco a Gaza
Negli ultimi due anni, i palestinesi nella Striscia di Gaza occupata, quasi ogni settimana, si sono riuniti al confine per partecipare alle manifestazioni della Grande Marcia del Ritorno. Tutti insieme, a gran voce, hanno richiesto la fine del blocco della Striscia e la piena realizzazione del diritto al ritorno dei rifugiati palestinesi, come affermato nel diritto internazionale. La Grande Marcia del Ritorno è iniziata il 30 marzo, una data molto importante nella memoria collettiva palestinese, ossia la Giornata della Terra, giorno solenne per la commemorazione dell’uccisione di sei cittadini palestinesi d’Israele nel 1976 ed il ferimento di altri 70 palestinesi per mano della polizia israeliana, in occasione di una protesta contro l’espropriazione di centinaia di ettari di terra di proprietà palestinese in Galilea. L’onda di espropriazioni massicce del 1976, in realtà, divenne emblematica delle continue e costanti pratiche messe in atto da Israele per privare i palestinesi delle loro case, delle loro terre, dell’acqua e delle risorse naturali sul proprio territorio.
In un contesto di oppressione istituzionalizzata, di espropriazioni e di trasferimenti della popolazione Palestinese portati avanti da Israele dal 1948, la Giornata della Terra è divenuta simbolo dell’appropriazione sistematica della terra palestinese, quale misura che fa parte del più ampio piano di colonizzazione dei territori occupati palestinesi, la cui progressiva realizzazione continua ancora oggi, nonostante il recente scoppio della pandemia di Coronavirus.
Mentre il COVID-19 continua a diffondersi in Palestina così come nel resto del mondo, con nove casi confermati nella Striscia di Gaza al 29 marzo, gli organizzatori delle proteste a Gaza hanno disdetto qualsiasi evento commemorativo, preoccupati per la salute dei Palestinesi e dando priorità alla loro sicurezza. Di fronte all’impossibilità di manifestare, i palestinesi hanno indetto una “manifestazione digitale” per commemorare la Giornata della Terra, mentre gruppi della società civile hanno organizzato un raduno online ed un twitter storm per chiedere la fine del blocco di Gaza.
Dal 2007, Israele ha imposto su Gaza un blocco totale, di terra, aria e mare: una forma di punizione collettiva, in violazione del Diritto Internazionale, nei confronti dei circa 2 milioni di palestinesi che abitano la Striscia. La chiusura di Gaza ha provocato il collasso dei servizi essenziali, un alto tasso di povertà, insufficienza alimentare, disoccupazione e dipendenza dagli aiuti umanitari, così come la contaminazione della quasi totalità delle riserve d’acqua. Le restrizioni al movimento e all’accesso, oggi imposte dalla pandemia in via del tutto eccezionale nella maggior parte dei paesi nel mondo, sono in realtà pane quotidiano per i palestinesi di Gaza, da ormai 13 anni. Affiancato al “de-sviluppo” intenzionale d’Israele nella Striscia e ai ripetuti attacchi militari, il blocco ha minato ogni aspetto della vita a Gaza, ne ha paralizzato il sistema sanitario ed ha violato il sacrosanto diritto alla salute dei palestinesi, indebolendone la capacità di prevenire e mitigare l’impatto di un’eventuale catastrofica diffusione massiccia di COVID-19.
Nonostante le Nazioni Unite abbiano ripetutamente avvertito che la Striscia di Gaza sarebbe diventata “inabitabile” entro il 2020, le risposte degli stati terzi sono state inadeguate ed il blocco della Striscia di Gaza permane. Al contrario, negli ultimi due anni, i palestinesi di Gaza sono stati vittime di ulteriori violenze e sofferenze provocate dal diffuso, sistematico ed eccessivo utilizzo della forza per reprimere la Grande Marcia del Ritorno. Dal 30 marzo 2018, le forze di occupazione israeliane hanno ucciso 217 palestinesi durante le manifestazioni, di cui 48 minori, 9 persone con disabilità, 4 paramedici, e 2 giornalisti. Questa violenza ha dimostrato la sistematica mancanza di rispetto per la vita, la salute, e l’integrità fisica dei palestinesi, attraverso una politica dello sparare-per-uccidere o sparare-per-mutilare.
Lo scorso febbraio, la Commissione d’Inchiesta delle Nazioni Unite riguardo alle proteste nei Territori Occupati Palestinesi del 2018 ha riscontrato “ragionevoli motivi per credere che i cecchini israeliani hanno sparato a giornalisti, operatori sanitari, bambini e persone con disabilità, sapendo che fossero chiaramente riconoscibili come tali”. La Commissione ha esortato Israele a revocare il suo blocco su Gaza con effetto immediato e ad adeguare le sue regole di ingaggio alla legge internazionale e al diritto umanitario, che vietano in questi casi l’utilizzo di proiettili veri, sollecitando tutte le parti a tutelare il diritto alla salute dei Palestinesi e a garantire la cura delle persone ferite a causa delle proteste, oltre a chiedere, nel frattempo, agli Stati terzi di attivare meccanismi di giurisdizione universale al fine di assicurare l’attribuzione di responsabilità per sospettati crimini di guerra e crimini contro l’umanità commessi nella striscia di Gaza. Tuttavia, dall’adozione di queste raccomandazioni da parte del Consiglio dei Diritti Umani ONU avvenuta il 22 marzo 2019, non sono state ancora prese delle misure efficaci per attuare queste richieste urgenti.
In occasione della Giornata della Terra, le sottoscritte organizzazioni richiedono l’attuazione di misure efficaci affinché si rispetti il diritto internazionale e Israele venga messo di fronte alle sue responsabilità per le diffuse e sistematiche violazioni dei diritti umani commesse contro il popolo palestinese. Le stesse organizzazioni chiedono urgentemente alle Nazioni Unite e agli Stati terzi:
-di porre fine al blocco della Stricia di Gaza
-di adottare misure efficaci per realizzare le raccomandazioni della Commissione d’Inchiesta ONU
–di aprire un’indagine da parte della Corte Penale Internazionale sulla situazione nello Stato di Palestina.
Infine, esortiamo la Camera delle indagini preliminari (Pre-Trial Chamber) della Corte Penale Internazionale a riconoscere immediatamente la giurisdizione della Corte sui territori palestinesi occupati, che comprendono la Cisgiordania, Gerusalemme Est e la Striscia di Gaza, in modo che il Procuratore possa iniziare la sua indagine da molto attesa sui presunti crimini di guerra e crimini contro l’umanità commessi contro il popolo palestinese, anche nel contesto della Grande Marcia del Ritorno nella Striscia di Gaza.
Nel commemorare la Giornata della Terra, le nostre organizzazioni sottolineano che, in assenza di iniziative internazionali, gli Stati terzi permettono alla dilagante impunità di Israele di prevalere, mentre le vere motivazioni che hanno spinto i palestinesi della Striscia di Gaza a manifestare negli ultimi due anni restano inascoltate. A più di 70 anni dalla Nakba, è importante che gli stati terzi adottino misure efficaci per una tutela efficace dei diritti inalienabili del popolo palestinese.
Organizzazioni firmatarie, aderenti al Palestinian Human Rights Organizations Council (PHROC):
- Al-Haq – Law in the Service of Mankind
- Al Mezan Center for Human Rights
- Addameer Prisoner Support and Human Rights Association
- Palestinian Centre for Human Rights (PCHR)
- Defense for Children International Palestine (DCIP)
- Jerusalem Legal Aid and Human Rights Center (JLAC)
- Aldameer Association for Human Rights
- Ramallah Center for Human Rights Studies (RCHRS)
- Hurryyat – Center for Defense of Liberties and Civil Rights
- The Independent Commission for Human Rights (Ombudsman Office) – Observer Member
- Muwatin Institute for Democracy and Human Rights – Observer Member
- Palestinian Counseling Center (PCC)
- Palestinian Non-Governmental Organizations Network (PNGO)
- Civic Coalition for Palestinian Rights in Jerusalem (CCPRJ)
- The Palestine Institute for Public Diplomacy (PIPD)
- Women’s Center for Legal Aid and Counseling (WCLAC)
- Habitat International Coalition – Housing and Land Rights Network