COSPE e AOI: grande preoccupazione per la crisi in Ecuador.
Il 22 settembre 2025 in Ecuador è stato proclamato il Paro Nacional (sciopero generale) in risposta all’eliminazione del sussidio sul diesel, in vigore dal 1974, da parte del governo del presidente Daniel Noboa e il conseguente aumento del carburante da 1,80 a 2,80 dollari al gallone.
La protesta che ha visto in piazza contadini, trasportatori, studenti e comunità indigene è stata è stata guidata dalla Confederazione delle Nazionalità Indigene dell’Ecuador (CONAIE) e si è rapidamente ampliata includendo rivendicazioni storiche contro il modello estrattivista del paese. La risposta statale è stata caratterizzata da una repressione sistematica: militarizzazione della sicurezza interna, uso eccessivo della forza, detenzioni arbitrarie, attacchi alla libertà di stampa e criminalizzazione della protesta sociale, equiparata al terrorismo.
COSPE, presente in Ecuador dal 1999 con iniziative di promozione della giustizia climatica, sociale ed economica e della democrazia partecipativa, in collaborazione con associazioni della società civile e organizzazioni indigene, esprime grande preoccupazione per questo momento di grave crisi e tensione sociale che sta attraversando l’Ecuador e condanna fermamente ogni forma di violenza. Chiediamo a tutte le forze e alle parti coinvolte di avviare un dialogo autentico al fine di cercare di porre rimedio alla grave situazione socioeconomica che affligge il Paese da tempo e che richiede uno sforzo collettivo. Per questo motivo, abbiamo sottoscritto il comunicato dell’AOI che troverete di seguito e che esprime una posizione comune a tutte le organizzazioni non governative italiane presenti da tempo in Ecuador.
AOI esprime grande preoccupazione per la crisi che l’Ecuador sta attraversando da settimane. Attraverso le sue organizzazioni associate, molte delle quali operano da decenni nella regione andina, segue con attenzione l’evoluzione degli eventi, che hanno già causato vittime, centinaia di feriti, numerosi arresti ed episodi di vandalismo.
Circa un mese fa, le organizzazioni che fanno parte della CONAIE hanno proclamato una mobilitazione nazionale dopo la decisione del governo di eliminare i sussidi al gasolio, che in realtà è legata alla grave situazione economica e sociale che sta attraversando il Paese e alla violenza generalizzata della narcocriminalità, che sta colpendo settori chiave per i diritti umani fondamentali, come il sistema sanitario, ormai sull’orlo del collasso.
Da allora, il governo di Noboa non ha dato grandi segnali di apertura al dialogo, ma, al contrario, negli ultimi giorni ha intensificato le operazioni di polizia e militari in diverse province del Paese. Lo scorso 12 ottobre, una manifestazione pacifica è stata attaccata a Quito e, nei giorni successivi, un convoglio “umanitario”, composto in realtà da veicoli blindati e dell’esercito, ha attraversato la provincia di Imbabura fino a Otavalo, dove l’uso indiscriminato della forza durante una manifestazione ha causato decine di feriti, oltre a gravi violazioni dei diritti umani da parte della polizia e dell’esercito.
La provincia di Imbabura è un territorio conosciuto a livello internazionale per le sue iniziative emblematiche di promozione dell’agroecologia e della sovranità alimentare, dell’economia solidale, del turismo eco-comunitario e della democrazia partecipativa, grazie all’impegno delle organizzazioni indigene e contadine, spesso nostre partner in progetti di cooperazione.
Anche le ONG internazionali sono state oggetto di misure restrittive, come la chiusura o il congelamento di conti bancari e fondi, senza preavviso. Su tutto questo si sono pronunciati e hanno condannato organismi internazionali come la Corte Interamericana dei Diritti Umani, e la stessa rappresentanza dell’Unione Europea in Ecuador ha lanciato un appello al dialogo e alla cessazione della violenza. Saranno coinvolti anche il relatore speciale sulla libertà di protesta pacifica e di associazione, il relatore speciale sui difensori dei diritti umani e il relatore speciale sui diritti dei popoli indigeni delle Nazioni Unite, affinché siano informati sulla situazione e si pronuncino al riguardo.
Esprimiamo quindi la nostra profonda preoccupazione ed esortiamo il nostro governo ad adottare tutte le misure opportune affinché:
– sia garantito il diritto delle comunità indigene e della popolazione in generale di manifestare il proprio dissenso nei confronti delle politiche governative senza essere tacciati di terrorismo, in conformità con il quadro costituzionale e giuridico vigente nel paese e con le convenzioni internazionali sui diritti umani;
– cessino immediatamente le misure repressive e ogni abuso da parte delle forze dell’ordine, siano rispettati i diritti umani e sia protetta la vita dei manifestanti e di tutti i cittadini, proteggendo in particolare le bambine, i bambini e gli anziani, nonché le zone di assistenza umanitaria, gli ospedali e le abitazioni private;
– che le organizzazioni della società civile siano messe in condizioni di lavorare e che siano revocate le chiusure arbitrarie dei conti bancari di alcuni dei nostri partner.
– che siano create le condizioni necessarie per un dialogo tra le parti che consenta di creare le condizioni per una soluzione pacifica del conflitto sociale in corso.
Da parte nostra, confermiamo la nostra profonda volontà di continuare a contribuire con iniziative di cooperazione internazionale alla costruzione di un modello di sviluppo equo, sostenibile, partecipativo e interculturale, basato sulla pace e sul rispetto dei diritti umani e della diversità.
Foto (C) AOI
21 ottobre 2025






