Una piazza per l’Europa. Ecco perché noi non ci saremo.

Come COSPE condividiamo la necessità di un’Europa forte e coesa, ma non possiamo accettare un modello che si costruisce sul riarmo e sulla chiusura.  Ecco perché non aderiamo alla manifestazione del 15 marzo “una piazza per l’Europa”.

L’idea iniziale di questa manifestazione nasceva da un respiro ampio e, richiamando i principi di Ventotene, era condivisibile. Tuttavia, le decisioni recenti della Commissione europea e del Parlamento avrebbero richiesto una presa di posizione più chiara e una spiegazione netta su quale idea di Europa vogliamo sostenere in piazza e per cosa ci mobilitiamo.

L’attuale Commissione europea, con il sostegno della maggioranza dei governi nazionali, ha deciso di affrontare le crisi globali con un colossale piano di riarmo da 800 miliardi di euro, sottraendo risorse a settori fondamentali come la coesione sociale e la giustizia ambientale. Questo piano, noto come “Rearm Europe”, rappresenta l’ennesima scelta politica che allontana l’Europa dai suoi valori fondativi: mentre si investono miliardi nell’industria bellica, si ignorano i drammi umanitari ai confini dell’Unione, si respingono migranti in fuga da guerre e persecuzioni e si resta in silenzio di fronte alle continue violazioni del diritto internazionale, come quelle nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania.

Eppure, l’Europa spende già enormi risorse per la difesa: nel 2024 la cifra ha raggiunto i 457 miliardi di euro e ora si parla di superare i 1000 miliardi. Tutto questo mentre i bilanci pubblici sono sotto pressione e le politiche di austerità sociale colpiscono i cittadini più vulnerabili. Un tale incremento della spesa militare rischia di creare un ulteriore impoverimento, aumentando le disuguaglianze e alimentando una rabbia sociale che potrebbe rivolgersi contro l’Europa stessa.

L’Europa politica, che dovrebbe essere la risposta alle sfide globali, è stata progressivamente smantellata a favore di un’Europa dominata dagli interessi nazionali e dalle logiche di potenza. La difesa, concepita in chiave puramente nazionale, diventa il pretesto per coprire l’assenza di una strategia politica comune. Dopo anni in cui si è evitato di costruire un’Europa forte e unita, ora si corre ai ripari con misure frammentarie e reattive. Noi crediamo in un’Europa diversa: solidale, pacifica e orientata ai diritti. E continueremo a impegnarci affinché questa visione diventi realtà, anche attraverso il nostro lavoro.

Eppure, sarà sempre più difficile operare nel campo della cooperazione internazionale: è noto che fondi per l’aumento delle spese militari verrebbero reperiti sacrificando risorse già destinate alla cooperazione internazionale, che i governi europei stanno progressivamente tagliando, seguendo la drastica riduzione dei finanziamenti Usaid voluta dall’amministrazione Trump. Eppure, la cooperazione non è un lusso ma una strategia essenziale per costruire stabilità e sicurezza durature. Con il taglio dei fondi Usaid, l’Unione Europea, potrebbe rafforzare le politiche di cooperazione, promuovendo sviluppo e diplomazia, con un approccio trasparente che punti alla condivisione e non allo sfruttamento delle risorse. Non servono armi per esportare la pace: serve un’Europa che creda nella sua vocazione storica e nei suoi valori fondanti.

L’Europa che vogliamo non è quella che si arma e si chiude, ma quella che promuove pace, diplomazia e giustizia sociale. Un’Europa che non abbandona il Mediterraneo ai naufragi, che non finanzia guerre per procura e che non rinuncia alla sua vocazione storica di spazio di diritti e libertà. Un’Europa che, invece di sostenere l’industria della difesa, investe in welfare, accoglienza e cooperazione internazionale.

Pur non aderendo a questa manifestazione, vogliamo esprimere rispetto e vicinanza alle associazioni sorelle che scenderanno in piazza. Sappiamo che in quella piazza ci saranno persone che stimiamo e rispettiamo, con le quali intendiamo continuare a camminare insieme per costruire un’Europa migliore.

13 marzo 2025