In ricordo di Joachim Bucumi a trent’anni dalla morte in Niger.

A trent’anni dall’incidente che in Niger costò la vita a Luciana Sassatelli e ad altri tre collaboratori e collaboratrici di COSPE (Joachim Bucumi, Anna Tatarini e Fousseini, l’autista nigerino che li accompagnava) ci arriva anche il ricordo di un’amica della famiglia Bucumi che ci racconta con parole intense chi era Joachim, quanto grande fosse la sua passione per il lavoro e anche quale grande eredità morale abbia lasciato. Riportiamo qui di seguito la lettera di Elena Pagni che ci è arrivata e che volentieri pubblichiamo. Nella foto Joachim con la figlia Margherita.

“Ricorreva in questi giorni, il 17 luglio 2024, il trentennale della morte di una persona, il cui ricordo non è stato sopito dal passare del tempo, sicuramente non per la moglie, le figlie, i parenti, i colleghi e anche per chi aveva potuto incrociarlo solo per poco tempo. Quel poco tempo era sufficiente, anche all’occhio più inesperto, per cogliere la luce che emanava da una persona che con la vita e le sue contraddizioni ci si sporcava da sempre le mani.

Non sono una parente, Joachim Bucumi era un mio amico, l’amico di una bambina di 8 anni.

Ero nella roulotte del campeggio quando mia madre mi si avvicinò 30 anni fa per darmi la notizia, mi ricordo che mi fermai e rimasi a guardarla, c’era qualcosa che non mi tornava in quella comunicazione, che le persone morissero lo sapevo, ma quello che non capivo era come potessero morire persone come Joachim.

Per me Joachim, quel mio amico così diverso da molti, era sicuramente un highlander, un immortale, che nella mia accezione erano quelle persone a cui pensavo quando avevo paura del buio o di una cosa brutta, persone brillavano così tanto da rendere gli angoli oscuri della vita molto meno minacciosi, persone che il passare del tempo non poteva e non doveva scalfire.

A quell’età non sapevo che fosse un principe e un cooperante, ma solo il babbo di una mia amica e un mio amico. Joachim e io eravamo diventati amici una sera anni prima ad una festa della casa in campagna in cui ci trovavamo tutte le estati: io ero una piccola bambina vestita a festa ma troppo timida per schiodarmi dall’angolo in cui mi ero confinata ad osservare (con sincera invidia) le persone ballare.

Non so perché quell’uomo così bello e così lucente lo capì, ma venne da me, mi prese in braccio e iniziò a farmi volteggiare nella stanza, proprio come in una favola e lieto fine. Non sapevo che fosse un principe di titolo, ma di cuore era sicuramente un re.

Solo diversi anni dopo ho capito tante altre cose: cosa significasse fare il cooperante, cosa implica non nascere “fortunati” piuttosto che nel posto “giusto”, perché solo poche persone possono lavorare nel sociale.

Sono diventata (o più correttamente, stata per un periodo piuttosto limitato) cooperante anche io e ho capito la dedizione che questo lavoro richiede, che di fatto non è un lavoro ma la tua intera vita, vita sottratta a famiglia, parenti e amici per essere moltiplicata nella vita di molte altre famiglie, insomma quello che alcuni definirebbero una contropartita considerevole e altri no.

Data anche la dinamica dell’incidente, spesso mi sono domandata “chissà se sarebbe stato evitabile” oppure se come si suole dire “non ci sono destini diversi da quelli che si realizzano”, come la vita così la morte chiamano nel momento più inaspettato e a volte ingiusto, aggiungerei.

Ma per quanto sia stata incredibilmente significativa la sua vita, a distanza di anni e proprio sulle righe di questa riflessione, capisco che non da meno è stata la sua morte, che mi ha insegnato il valore del ricordo delle persone che con i loro piccoli gesti nella dedizione di una vita hanno cambiato mondi, portando luce, speranza, ispirazione e accoglimento. Nessuno muore sulla terra finché vive nel ricordo di chi resta. Margherita Hack non credeva che ci fosse un paradiso ma in quanto fisica ricordava che niente muore, tutto si trasforma. Io credo che quello che era Joachim contribuisca tutt’oggi alle cose belle che accadono nel mondo.

Grazie Joachim e grazie anche ai tuoi compagni di viaggio, Luciana Sassatelli, Anna Maria Tartarini e l’autista nigerino che vi accompagnava…L’impegno non si perde, si trasforma! Che la vostra dedizione continui ad essere un insegnamento!

 

8 agosto 2024