Black lives matter? Intervista a Udo Enwereuzor sulla situazione del razzismo in Italia.

La morte di George Floyd lo scorso 25 maggio negli Stati Uniti ha ri-aperto un vaso di pandora in molti paesi: gli abusi, le violenze, le discriminazioni, le violazioni dei diritti, che vengono perpetrati contro la popolazione nera. Sul banco degli imputatati le forze dell’ordine, ma anche le istituzioni in generale e una diffusa cultura razzista. Tenacemente radicata in molti paesi. Dopo il drammatico evento di Minneapolis sebbene in contesti diversi l’attivismo anti razzista si è riunito sotto lo slogan #blacklivesmatter. Ma qual è la situazione in Italia. E soprattutto da quanto tempo va avanti?  Quella che segue è l’intervista integrale fatta dal giornalista  Alexander Dunaev a Udo Enwereuzor, responsabile COSPE per i temi legati ai diritti dei migranti, per il sito Sputnik, proprio sulla situazione del razzismo in Italia.

Quanto è grave il problema del razzismo in Italia e come evolve negli ultimi anni?

Il problema del razzismo in Italia è molto grave e ne abbiamo avuto prove nell’ultimo decennio in cui è cresciuta anche le sue manifestazioni violente, fino ad arrivare ad omicidi a sangue freddo. In particolare, dalla seconda metà del 2017 ad oggi, abbiamo assistito ad una recrudescenza senza precedenti di manifestazioni di razzismo in tutto il paese.

L’ondata di nazionalismo xenofobo e anti-immigrati, richiedenti asilo e rifugiati che ha investito vari paesi dell’Unione europea dal 2015 in poi, è arrivata da noi con due anni di ritardo, in coincidenza con la più lunga campagna elettorale che il paese abbia conosciuto negli ultimi 30 anni e si è caratterizzata per l’esplicito incitamento all’odio da parte di alcuni partiti politici come la Lega e Fratelli d’Italia e tutta la galassia dell’estrema destra militante.

La violenza verbale e psicologica di questa campagna d’odio si è presto congiunta con la violenza razzista da parte di singoli, raggiungendo il proprio apice nel 2018.  Un episodio simbolo di questa violenza razzista è stata certamente la ‘caccia ai neri’ a Macerata, ad opera di un noto nazifascista locale, politicamente impegnato nella Lega di Matteo Salvini.  Il 3 febbraio del 2018, questo individuo, ha sparato per ben 6 volte e in 5 punti diversi contro degli africani. Alla fine di una “caccia” durata quasi un’ora, ha lasciato 6 persone ferite e si è arreso seguendo un copione ben studiato: si è fermato davanti al Monumento del milite ignoto, indossando la bandiera italiana, ha fatto il saluto fascista, poi si è consegnato alla Polizia.

Il 5 marzo, due mesi dopo la caccia ai neri di Macerata, un 63enne di Firenze spara e uccide un 53enne immigrato senegalese in pieno giorno in città, senza che ci fosse alcuna conoscenza tra di loro. L’omicida dirà che era stressato per questioni economiche e così aveva deciso di suicidarsi, poi si è accorto di non averne il coraggio e ha deciso di sparare al primo che avesse incontrato uscendo per farsi arrestare. Così ha scelto una vita che evidentemente ha ritenuto più spendibile, quella di Idy Diene, già che lui non era la prima persona che aveva incontrato uscendo di casa ma l’unica persona nera.

L’anno 2018 è dunque passato alla storia come quello che, ad oggi, ha visto il numero più alto di aggressioni con armi da fuoco contro i neri migranti o cittadini italiani, e i rom, che sia stato mai registrato in Italia.

Quali forme assume la discriminazione razziale in Italia e chi ne sono le principali vittime?

La discriminazione razziale assume forme varie a seconda del settore della vita pubblica dove si manifesta in Italia, oltre alle forme violente di cui ho parlato sopra. Comunemente, la discriminazione si presenta in ambito lavorativo sotto forma di confinamenti in lavori pesanti, precari, poco retribuiti e a volte pericolosi e perfino sotto forma di estremo sfruttamento fino alla riduzione di schiavitù.

Altre volte, si presenta in modo grave sul piano della retribuzione e di accesso alla protezione sociale e della sicurezza nelle condizioni di lavori. La mortalità sul lavoro risulta, non a caso, più elevata per le persone immigrate rispetto a quella degli autoctoni. Nell’accesso all’alloggio, si registra una grave discriminazione sia sul mercato privato sia nell’offerta dell’edilizia residenziale pubblica. Nel settore privato, molte persone che hanno case da affittare rifiutano di affittare alle persone immigrate o chiedono somme tali da costringere a rinunciare a prenderle.

Nel pubblico, alcune amministrazioni locali non esitano a manifestare esplicita ostilità verso i bisogni abitativi dei migranti mediante l’applicazione di requisiti discriminatori a danno dei migranti. Altre amministrazioni, danno risposte largamente inadeguate per paura che alcuni partiti loro avversari utilizzino l’argomento per allargare il loro consenso presso i cittadini elettori.

Le principali vittime sono certamente le popolazioni rom, le persone immigrate, rifugiate e richiedenti asilo e i cittadini e le cittadine italiani/e di origini africane, asiatiche, centro-sud americane e di alcuni paesi dell’Europa dell’Est. Ancora e in modo trasversale, vittime sono anche gruppi identificati in base alla religione come i musulmani e gli ebrei, ciascuno secondo una propria modalità.

I sondaggi sociologici indicano che negli ultimi anni in Italia sta crescendo l’antisemitismo; a quali fattori potrebbe essere dovuto questo fenomeno?

Secondo me, negli ultimi decenni, l’antisemitismo dei gruppi estremisti politici organizzati ha mutuato da altri paesi europee parecchie espressioni / manifestazioni antisemite e l’accresciuta presenza di questi gruppi nella vita pubblica, conseguente ad uno ‘sdoganamento’ quando non di esplicita legittimazione come attori politici nonostante i loro metodi non di rado anti-democratici e liberticidi, ha dato vigore a manifestazioni antisemite che un tempo erano più rare.

Basta vedere il gran numero di casi di intimidazioni mediante graffiti antisemiti sulle case di persone ebree o associate agli ebrei mediante l’esperienza dell’olocausto, registrati dalla metà dello scorso anno all’inizio della pandemia.  Inoltre, contribuisce anche un componente che c’è da sempre, ovvero quello che segue spesso l’aggravarsi o meno del conflitto israelo-palestinese e prende di mira gli ebrei tutti.