Un’assemblea indigena on line per rispondere al “progetto genocida” di Bolsonaro
Si è svolta in Brasile, un’ assemblea nazionale di Resistenza Indigena on line per rispondere al “progetto genocida” di Bolsonaro di fronte al dilagare del Covid-19: un piano di lotta dei popoli indigeni, per la tutela della loro salute e della loro vita di fronte al Covid-19, da costruire dal basso per rispondere in modo coordinato ed efficace alle “criminali omissioni di Bolsonaro”: questo l’obiettivo dell’Assemblea Nazionale di Resistenza Indigena, promossa on line dall’ Articolazione dei Popoli Indigeni del Brasile, la rete che riunisce tutte le organizzazioni dei popoli e delle comunità native del paese.
L’Assemblea segue a distanza di una settimana un altro grande evento organizzato on line dall’APIB: l’ “Acampamento Terra Livre”: un forum annuale di confronto e approfondimento su temi e problemi dei popoli indigeni brasiliani, che è stato mantenuto in piena pandemia e ad essa dedicato, e che ha riunito oltre 500 rappresentanti degli stessi movimenti che oggi e domani sono chiamati a decidere il loro piano di lotta.
L’Acampamento “Terra Libera” si è chiuso il 30 aprile, dopo quattro giorni di incontri, con l’approvazione di un documento finale che riassume le accuse al governo e le principali richieste avanzate dai popoli indigeni. Con parole durissime: “Denunciamo davanti all’opinione pubblica nazionale e internazionale che noi, popoli indigeni del Brasile, più di 305 popoli che parlano 274 lingue diverse, siamo l’obiettivo e le vittime di un progetto genocida dell’attuale governo di Jair Messias Bolsonaro, che già dall’inizio del suo mandato ci ha scelto come uno dei suoi bersagli prioritari, dicendo che non avrebbe demarcato nemmeno un centimetro in più di terra indigena, e che la demarcazioni realizzate anteriormente erano state truccate, e quindi sarebbero state riviste”. Qui il documento finale dell’assemblea. Qui il documento finale.
A queste dichiarazioni fa eco, con espressioni non meno dure ed esplicite, l’editoriale “Covid-19 in Brazil: so what?”, della rivista scientifica Lancet che sarà in uscita domani 9 maggio, interamente dedicato al caso Brasile e alle gravissime responsabilità di Bolsonaro. “Le popolazioni indigene – scrive Lancet – sono state l’oggetto di gravi minacce ben prima del Covid-19, perché il governo ha ignorato e addirittura incoraggiato le attive estrattive illegali di minerali e legname. Ora c’è il rischio che i ‘miners’ e i ‘bloggers’ portino il virus nelle comunità più remote”. Per questo, “In una lettera aperta del 3 maggio una coalizione di artisti, scienziati, intellettuali, coordinati dal foto-giornalista Sebastiano Salgado ha messo in guardia da un genocidio imminente”.
Ma nel paese con il più alto numero di casi e decessi dell’America Latina (rispettivamente 135.773 e 9.190 al 7 maggio, secondo il WHO coronavirus update, di cui 27822 e 1722 nella sola Amazzonia, n.d.a.), dove il contagio appare ormai fuori controllo, il presidente “sa solo scoraggiare le misure di distanziamento e di lockdown adottate” e alla domanda dei giornalisti (che lo incalzano sulle misure da prendere, n.d.a.) sa solo rispondere “Allora che? Che cosa volete che faccia?”.
Di fronte a un atteggiamento così irresponsabile e confuso, è la conclusione dell’editoriale di Lancet, “Tocca al Brasile come paese farsi avanti per dare una risposta chiara alla domanda ‘e allora che?’ posta dal suo Presidente”
Esattamente quello che i popoli indigeni, riuniti oggi e domani nella loro Assemblea di Resistenza, si apprestano a fare.
10 maggio 2020